Critica della ragion giuridica
Cambia il mondo e cambiano le leggi, tutte le scienze si trasformano e soltanto la ragion giuridica rimane immobile e immutata, distanziandosi sempre più dalla realtà. Questo libro intende avvicinarsi al fenomeno giuridico sulla base dell'esperienza e del sentire comune, mettendo da parte i "detriti" lasciati dalla sterile erudizione, la comoda inerzia intellettuale, il pragmatismo ingannevole e la falsa autorevolezza delle autorità che hanno smesso di essere tali. Il testo prende avvio da una stimolante citazione medievale: "Tu cogitabis"; ma, in definitiva, non è ottimista, perché è consapevole della terribile verità formulata da Max Planck molti anni fa: "Un nuovo progresso della scienza non trionfa quando convince e illumina i suoi avversari, ma piuttosto quando essi muoiono e arriva una nuova generazione, con esso familiare". Nella vecchia contrapposizione tra diritto "posto" e diritto "praticato", l'autore prende posizione per quest'ultimo, analizzandone le diverse modalità espressive (quella giudiziale, quella dottrinale e quella sociale) e lasciando in secondo piano il "diritto delle gazzette ufficiali", anche se ciò significa negare frontalmente il monopolio statale, peraltro è già da tempo ampiamente in crisi, della produzione e del controllo delle norme giuridiche. Perché il diritto non consiste soltanto nelle regole, ma soprattutto negli atti in cui si risolve la sua esecuzione, applicazione e pratica.
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Anno edizione:2012
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