dopo La Chimera temevo di non ritrovare lo stesso fascino per un racconto storico, poetico, ironico.. ma la conferma è arrivata con grande soddisfazione.
Il romanzo della vita di una casa, in una città di provincia, dagli inizi del Regno d'Italia ai giorni nostri. Un secolo e mezzo di piccoli fatti memorabili visti dalla parte della gente comune, sullo sfondo dei grandi eventi della nostra storia. Vassalli racconta, famiglia dopo famiglia, il carattere degli italiani, i vizi e le virtù in cui tutti noi, con affetto o con rabbia, con nostalgia o con qualche malumore, potremo riconoscerci.
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Anno edizione:2006
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ANNA LUISA FERRARI 23 ottobre 2014
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Renzo Montagnoli 06 ottobre 2011
“Gli uomini continuavano a nascere e morire, come dappertutto, e come dappertutto impiegavano la maggior parte del tempo che intercorre tra le due date fondamentali e forse uniche della loro esistenza, per trafficare tra di loro e per infastidirsi a vicenda; ma questa attività è assolutamente normale, in ogni epoca, e non ha mai fatto notizia”. Di Sebastiano Vassalli ho già letto La chimera e Le due chiese, splendidi romanzi in cui l’autore a suo modo ripercorre la storia con l’occhio attento a un microcosmo, come a voler dire che i fatti eclatanti, gli avvenimenti, i personaggi di primo piano di determinati periodi sono il frutto esclusivo dei tempi e delle genti che vivono in quell’epoca. Ma su ogni cosa appare evidente che questi piccoli esseri fragili che si agitano, gli uomini, sono appena un soffio di vita che come si leva si spegne. Per gli uomini esiste il tempo, per gli dei no, che anzi si divertono a osservarci nei nostri inutili tentativi di dare scacco proprio a quel tempo che scorre inesorabilmente e che dimostra, una volta per tutte, che per noi non c’è speranza. Anche in Cuore di pietra è presente, forse in modo più marcato, questo pessimismo esistenziale, ma non incide sulla piacevolezza della lettura di un’opera che alcuni considerano minore nella produzione di Vassalli, ma che, secondo la mia opinione, è invece una delle migliori. Il ritratto storico del nostro paese dall’unità fino quasi ai giorni nostri, per quanto affastellato di personaggi e di vicende, è quanto di meglio abbia letto sull’argomento in questi ultimi anni e il tutto parte da un punto fisso, da una cosa inanimata, quale è una casa, un palazzo signorile, eretto in una città della pianura, che non è difficile identificare in Novara, località di residenza dell’autore. In questa abitazione si succedono proprietari e inquilini, appunto dall’unità d’italia fino quasi ai giorni nostri; è un palazzo gentilizio e come certa nobiltà con il tempo va decadendo e piano piano giunge a un limite di estremo degrado, tanto che si ha la sensazione che da un momento all’altro possa crollare, e invece è ancora lì, gli intonaci disfatti, il tetto che lascia passare acqua, gli infissi pressoché distrutti. Anche la casa, così ben descritta, ha un legame ben preciso con lo scrittore, perché si tratta di Villa Bossi, in cui ha vissuto a lungo, ora purtroppo mal ridotta, decrepita, ma che muove a tenerezza in chi lì ha maturato un periodo di esistenza, in un gioco della memoria che si intreccia con la Storia. Ed è appunto la Storia la vera protagonista, la Storia che non sconfigge il tempo, ma attrae nel ricordo i fatti, riporta l’eterna disfatta degli uomini nella loro illusoria lotta con il tempo, in cui le idee, gli sforzi, le passioni sono la rappresentazione di un’opera allestita sul palcoscenico della vita, per vincere la morte, inutile battaglia perché la commedia, pur variando i personaggi e le scene, ha sempre quella inevitabile conclusione. Il pessimismo, quindi, regna sovrano e viene spontaneo associarlo, soprattutto come fonte dello stesso, a quello leopardiano. E’ giusto, però, tener presente che non ci troviamo di fronte a un romanzo deprimente, perché è presente in Vassalli un’autoironia che snellisce il racconto, lo rende più facilmente assimilabile, quasi nascondendo quella malinconia di fondo che invece lo sorregge e lo anima. Ci si accorge di ciò lentamente, pagina dopo pagina, con indotte riflessioni sui numerosi protagonisti, fuochi fatui che si perdono nel turbine del tempo e che solo la parola scritta di un grande autore riesce a far uscire dal buio in cui sono precipitati. Ma il romanzo ha anche un altro valore, per nulla indifferente, perché Vassalli ha saputo raccontare il Novecento con una straordinaria levità e con saggezza, così che alla fine del libro ci si accorge che ha scritto di noi italiani, di come eravamo, di come abbiamo percorso gli anni di questa nazione ancora giovane e di come siamo diventati, un autentico gioiello per comprendere l’attuale situazione, perché nella storia nulla appare d’improvviso, tutto ha un’origine, ogni cosa ha un suo motivo. Cuore di pietra è un romanzo di grande bellezza e pertanto la lettura è senz’altro raccomandabile.
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