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I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport
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I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport - Carlo Annese - copertina
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diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport

Descrizione


Lontani da casa, dagli affetti. Ma anche lontani dalla battaglia, dall'adrenalina del fronte. Erano soldati nel pieno della giovinezza, quelli che fra il 1941 e il 1947 si ritrovarono esiliati a Zonderwater, in Sudafrica. Un'intera generazione rinchiusa nel campo che ospitò il maggior numero di prigionieri di guerra italiani, quasi centomila su un totale di oltre seicentomila: una prigione a cielo aperto, talmente remota da aver lasciato poche tracce persino nei libri di storia. In un paesaggio lunare, arido e bersagliato dai fulmini, gli italiani dovettero inventarsi un modo per sopravvivere alla fame, alle malattie, alla noia, alla nostalgia del proprio Paese (e alla mancanza di donne). Li aveva accolti un altipiano brullo disseminato di tende: alla loro partenza, sei anni più tardi, lasciarono una vera città, con edifici in muratura, due ospedali, trenta chilometri di strade, quindici scuole, ventidue teatri, un monumento. Fu un capo illuminato, il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, a capire che a quei giovani uomini doveva prima di tutto restituire una vita normale. Così scelse lo sport come alleato: promosse gare di scherma, atletica, ginnastica, oltre a un campionato di calcio vissuto con tale passione da trasformare in divi i più bravi fra i prigionieri. Prefazione di Gian Antonio Stella
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Dettagli

2010
1 giugno 2010
XV-302 p., ill. , Brossura
9788820048846

Valutazioni e recensioni

Renzo
Recensioni: 3/5
La più umana delle prigionie

Più recentemente, leggendo Sotto la sabbia dorata, il bel libro di Daniele Astolfi che parla dell’esperienza di prigionia di Antonio Astolfi, era sorto il nome di Zonderwater, che non mi era nuovo, e infatti era il lager in cui è stato a lungo recluso mio padre. Da lì, facendo una ricerca su Internet, era emerso un saggio storico (appunto I diavoli di Zonderwater) su questo campo di concentramento dove erano anche detenuti Antonio Astolfi e tanti altri (complessivamente circa centomila) E’ stata immediata la necessità di leggere anche quest’opera, scritta da un giornalista della Gazzetta dello Sport e premiata con il Bancarella Sport 2010. Ebbene, mi dispiace ancor di più che mio padre, mancato nel luglio del 2011, non abbia potuto rivivere, grazie a quelle pagine, gli anni che avrebbero dovuto essere i più belli e che invece furono un periodo di dolore per la guerra e di disperata nostalgia per la casa lontana. Mano a mano che procedevo nella lettura emergevano fatti e anche nomi che non mi erano nuovi e allora con la fantasia ho immaginato tutta quella gente, compreso mio padre, in questa prigione a cielo aperto, dove, grazie alla nomina come comandante del colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, il paesaggio lunare del lager, costellato di tende, si trasformò radicalmente, così che in forza della naturale operosità di noi italiani furono costruiti edifici in muratura per ospitare i prigionieri, due ospedali, quindici scuole, ventidue teatri, insomma una vera e propria città. Ma oltre al fare, all’edificare, essenziale per evitare depressioni e abbrutimenti, ci furono le iniziative teatrali, sportive, come tornei di calcio, di pallavolo, di basket, incontri di pugilato, gare di atletica leggera, e ovviamente queste attività hanno trovato il loro naturale storico in Carlo Annese, giornalista della Gazzetta dello Sport. E’ un buon libro che difetta di un approfondimento psicologico dei personaggi.

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Andrea Rebolino
Recensioni: 5/5

I "diavoli" sono i nostri prigionieri italiani in sudafrica nel periodo 1942 - 1947 che diventarono una colonia e che con i mestieri, lo sport ed un pizzico della nostra arte d'arrangiarsi diedere un contributo alla giovane nazione sudafricana creado una nuova generazione a quella nera ed a quella anglo-boera. Una bella rivisitazione storica inedita che ci fà riflettere sul nostro esercito "sconfitto" ma che in questa pagina ne esalta la dignità con cui affrontò la "penitenza della prigionia".

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