Discorso di Francesco Benedetti intorno al teatro italiano
In 16, cm 11 x 17, pp. 80. Brossura rifatta. Letterato nativo di Cortona, scrisse 12 opere teatrali, poesie e varie orazioni, affiliato alla carboneria si suicido' trentacinquenne. In quest'opera l'autore fa una esplicita professione di fedelta' ai principi del classicismo. In uno stile agile e ironico, pur limitandosi ad un discorso sulla letteratura teatrale, rileva come la messa in scena dei drammi sia fondamentale alla buona riuscita di un dramma citando - a mo' di esempio - il "caso" Alfieri: "Che se l'Alfieri avesse potuto ottenere l'intento di vedere spesso in Teatro ben recitate le sue tragedie alla viva scuola delle scene, le avrebbe non poco migliorate, e divenuto sarebbe tragico piu' perfetto. Non e' da credersi, se non da chi e' dell'arte, quanto giovi il vedere ben recitate le proprie produzioni". In generale, l'A. e' critico nei confronti del teatro straniero: critica quanti, nel genere comico, si sono allontanati dal magistero goldoniano per dedicarsi all'imitazione delle "stravaganze degli stranieri sull'esempio dei Diderot, dei Beaumarchais, degli Arnaud, dei Mercier". Permane negativo, come nella critica di fine '700, il giudizio sui drammi shakespeariani: il drammaturgo inglese "ti pone in una tragedia trentotto personaggi, facendo passar l'azione ora in Roma, ora in Modena, ora in Grecia: i Tribuni dialogizzano con i falegnami e coi calzolai tragedie della durata di tre delle nostre: ombre, furie, fate, prosa e verso, riso e pianto ed un accozzo delle piu' strane ed insociabili cose".
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In 16, cm 11 x 17, pp. 80. Brossura rifatta. Letterato nativo di Cortona, scrisse 12 opere teatrali, poesie e varie orazioni, affiliato alla carboneria si suicido' trentacinquenne. In quest'opera l'autore fa una esplicita professione di fedelta' ai principi del classicismo. In uno stile agile e ironico, pur limitandosi ad un discorso sulla letteratura teatrale, rileva come la messa in scena dei drammi sia fondamentale alla buona riuscita di un dramma citando -a mo' di esempio - il "caso" Alfieri: "Che se l'Alfieri avesse potuto ottenere l'intento di vedere spesso in Teatro ben recitate le sue tragedie alla viva scuola delle scene, le avrebbe non poco migliorate, e divenuto sarebbe tragico piu' perfetto. Non e' da credersi, se non da chi e' dell'arte, quanto giovi il vedere ben recitate le proprie produzioni". In generale, l'A. e' critico nei confronti del teatro straniero: critica quanti, nel genere comico, si sono allontanati dal magistero goldoniano per dedicarsi all'imitazione delle "stravaganze degli stranieri sull'esempio dei Diderot, dei Beaumarchais, degli Arnaud, dei Mercier ". Permane negativo, come nella critica di fine '700, il giudizio sui drammi shakespeariani: il drammaturgo inglese "ti pone in una tragedia trentotto personaggi, facendo passar l'azione ora in Roma, ora in Modena, ora in Grecia: i Tribuni dialogizzano con i falegnami e coi calzolai tragedie della durata di tre delle nostre: ombre, furie, fate, prosa e verso, riso e pianto ed un accozzo delle piu' strane ed insociabili cose ".
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