Il dito in bocca
Di fronte a Lung, la giovane protagonista di questo romanzo, i medici, e non solo loro, restano perplessi: Lung non ha mai abbandonato l’abitudine di mettersi il dito in bocca, risponde alle domande mostrando lo smalto delle unghie, racconta lucidamente, leggermente, i fatti della sua vita, ma la chiarezza è apparente ed è facile perdersi fra le sue parole, peraltro scarse; quanto ai fatti, potrebbero far rabbrividire, se non si fosse distratti dal tono agile, sconsiderato e preciso della narratrice.
Lo zio-padre Jochim, la madre Marween, le tragiche storie del piccolo fiammiferaio e dell’amica Armance, l’incontro decisivo e laconico con un grande filosofo, «un caso di entusiasmo» e lo strano caso del professor Walter, la Scimmia Albina, l’enigmatico e sapiente Nathan, Kong, ecc. ecc. – con l’aiuto di tutti questi elementi Lung ci presenta un puzzle che non si chiude da nessun lato, e che possiamo tentare di ricostruire solo perché ci sentiamo guidati con discrezione e talento algebrico.
Nell’insieme pittoresco degli umani, Lung partecipa di una specie a parte, mimetizzata e potente, i neutrali. Chi siano essi esattamente sarebbe presuntuoso dire in due parole. Certa è la loro potenza, e il libro la dimostra in una serie di feroci vicende, che Lung non può fare a meno di scatenare e constatare. Lung, fra l’altro, è in rapporto con i Costoro, esseri indeterminati e determinanti, integralmente neutrali, non necessariamente visibili, il cui intervento può essere funesto o benefico, indulgenti con i loro protetti, distruttivi con gli incauti che li avvicinano senza conoscerli. La famiglia di Lung, per esempio, ne sarà travolta. Comunque, oltre Lung, vari altri personaggi partecipano dell’essenza neutrale – e attraverso di essi veniamo introdotti, con sempre maggiore evidenza e assoluta nonchalance, sulla scena di un teatro fantomatico.
Lung traversa le sue storie senza fermarsi mai, in uno stato di continua sospensione, di dubbia identità, con un passo che ci sembra di vedere per la prima volta – di sonnambula o di veggente – lasciando dietro di sé una costellazione di emblemi aforistici e la traccia di una presenza dimenticata e fondamentale della letteratura: l’ironia romantica.
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Anno edizione:1968
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