(Venezia 1713 - Padova 1786) scrittore italiano. Fu afflitto, come il fratello Carlo, da problemi economici. Con la prima moglie, la poetessa Luisa Bergalli, dovette sobbarcarsi faticose e spesso sfortunate imprese editoriali, traducendo fra l’altro, su commissione, Plauto, Longo Sofista, Luciano, Molière, Klopstock. Non ostinatamente conservatore come Carlo, accettò con cauta moderazione le novità sociali e culturali; fra l’altro fu un estimatore di C. Goldoni. Il suo primo libro notevole è la raccolta di Lettere serie, facete, capricciose, strane e quasi bestiali (1752): vi si rivelano già le sue doti di fine moralista-umorista, attento agli aspetti minuti della vita quotidiana e sinceramente innamorato della natura. Questi caratteri trovarono compiuta espressione nell’esercizio giornalistico, cui G. poté dedicarsi dal 1760 al 1762, compilando la «Gazzetta veneta», il «Mondo morale» (pubblicato settimanalmente nel maggio 1760) e l’«Osservatore veneto» (uscito dal 4 febbraio 1761 al 18 agosto 1762, prima bisettimanale, poi settimanale). Dei tre, il meno interessante è il «Mondo morale», che si riduce a un farraginoso romanzo allegorico-didascalico a puntate. Nella «Gazzetta», nata come organo di una società commerciale, G. trovò invece la giusta misura. Con un linguaggio nitido e leggero, ironico e preciso, egli fissò la vita veneziana in una serie di scenette animate e briose: notizie del giorno, aneddoti, inframezzati da giudizi su libri e opere di teatro (come quello, assai indicativo, sui Rusteghi goldoniani). Diversa l’impostazione dell’«Osservatore»: qui G., trascurando la cronaca cittadina, tese a disegni più vasti, a un discorso più sostenuto e letterariamente elaborato (le cose migliori sono i ritratti satirico-morali, sul modello di Teofrasto e di La Bruyère). Con la prosa giornalistica G. espresse il meglio delle sue qualità umane e stilistiche; notevoli sono anche i Sermoni (1745-81 ca) in endecasillabi sciolti, dove, con un fare discorsivo ma letterariamente studiato, delineò scene di costume o ricordi autobiografici. Di G. si segnala infine il Giudizio degli antichi poeti sopra la moderna censura di Dante attribuita a Virgilio (1758), una difesa di Dante, in polemica con S. Bettinelli, fondata su argomenti classicistici e retorici, ma che ha il merito di intuire l’unità e organicità della Divina Commedia.