Giuseppe Antonio Borgese è stato un letterato italiano. Formatosi a Firenze, fu, giovanissimo, direttore della rivista «Hermes» (1904-06), giornalista, professore universitario di letteratura tedesca e di estetica in Italia e poi, dal 1931, negli Stati Uniti, dove si considerò in esilio politico (soprattutto dopo la pubblicazione della severa requisitoria contro il fascismo, Goliath, del 1937). Tornò in Italia negli ultimi anni di vita. Dopo la sua opera d’esordio, la Storia della critica romantica in Italia (1905), che s’affiancò all’azione teorica di Croce contro l’ancora prevalente cultura positivistica in nome di un rinnovato idealismo che riprendesse la tradizione desanctisiana, si staccò dal filosofo napoletano, per elaborare una sua teoria estetica, culminata nella Poetica dell’unità (1934). Attento soprattutto agli aspetti psicologici e ideologici presenti nelle opere, ebbe gran peso nella formazione del gusto del primo Novecento; si ricordino il suo Gabriele D’Annunzio (1909), i tre volumi di La vita e il libro (1910-13), la sua individuazione del crepuscolarismo, i giudizi sull’ultimo Pascoli ecc. Fu autore anche di romanzi in cui analizza, con elaborato cerebralismo, complesse situazioni psicologiche e morali (I vivi e i morti, 1923; Il pellegrino appassionato, 1933). Spicca, fra essi, Rubè (1921), drammatico ritratto morale di una generazione colpita dalla guerra e di un intellettuale senza ideali.