Yuri Di Liberto (Palermo, 1988) svolge un Dottorato di Ricerca presso l'Università della Calabria. Si occupa dei rapporti tra filosofia e psicoanalisi, con particolare attenzione al pensiero di Jacques Lacan e Gilles Deleuze. Le sue ricerche si concentrano sui rapporti tra la filosofia contemporanea, il linguaggio, la psicoanalisi e la dimensione politica del soggetto. Un gioco di vuoti: enunciazione e performatività dell’assenza Si è detto spesso che in Lacan sia in gioco una ontologia negativa oppure una anti-ontologia. In particolare, la lettura trasversale di alcuni testi e seminari di Lacan suggerisce secondo noi che il soggetto della psicoanalisi sia caratterizzato dall’essere contemporaneamente un vuoto generativo, residuale e posizionale. Queste tre caratteristiche (vuoto generativo, residualità e posizionalità) sono quelle che ci proponiamo di far emergere. A proposito poi del soggetto come vuoto generativo – di desiderio – esploreremo il modo in cui può essere colto il suo rapporto con il cosiddetto oggetto a. In particolare, la generatività del primo permette di spiegare la strana natura del secondo. Per quanto riguarda l’anti-ontologia, essa si riflette pienamente nella volontà teorica di sganciare il soggetto dal linguaggio dell’essere, quest’ultimo inquadrato come discorso eminentemente filosofico. Questo essere di cui parla la filosofia «non si fa che presupporlo a certe parole: individuo per esempio, o sostanza.», per Lacan invece «è solo un fatto di detto. La parola soggetto che uso assume allora un accento diverso. Io mi distinguo dal linguaggio dell’essere». Lo smarcarsi psicoanalitico dell’essere del soggetto dall’essere della filosofia è un’operazione che viene ripetuta da Lacan su diversi campi di battaglia: la relazione soggetto-oggetto, la soggettività, la referenza, il linguaggio, ecc. In particolare, ciò che accomuna questi diversi ambiti di applicazione dell’ontologia negativa è il sottolineare, da parte di Lacan, la possibilità di pensare un Essere che non sia tout court sinonimo di pienezza. Così, poche pagine dopo il passo appena citato, Lacan sostiene: «Da sempre si è immaginato che l’essere debba contenere una specie di pienezza che gli sarebbe peculiare».