Recensioni Figli del tabacco
Pasquale Spiriticchiu, detto Nino, è il diciassettesimo e ultimo figlio di un’anziana coppia di contadini salentini. Le circostanze costringono il bambino a nascere in una stalla, proprio come Gesù. Nino irrompe nella vita della sua famiglia in modo inatteso e tumultuoso. Alcuni dei suoi fratelli, già in età di matrimonio, non riescono ad accettarlo e lo considerano il frutto di un errore. Ma il piccolo è affamato di vita e voglia di conoscenza: fin dai primi anni di scuola dimostra di avere un’intelligenza fuori dal comune, aspetto che va a scontrarsi con la condizione sociale in cui è inserita la sua famiglia che lo porta ad essere bocciato per ben due volte alle Elementari a causa delle stagionali migrazioni della famiglia in Basilicata per coltivare il tabacco. La sua crescita si immerge nella cultura contadina, dove la tradizione cattolica e le pratiche pagane si fondono e confondono nella terra, nei luoghi, nelle persone. Figli del tabacco è un romanzo storico-antropologico sulla società contadina salentina che viaggia indietro nel tempo, tra gli anni cinquanta e gli anni settanta del Novecento, spaziando tra vita vissuta, tradizioni centenarie e senso di appartenenza.)
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