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Anno edizione: 2013
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L'argomento di questo romanzo era potenzialmente interessantissimo,un materiale ancora incandescente che richiedeva però mani più esperte per tradurlo su carta. In breve è la storia di Ana Mladic, figlia del boia di Srebrenica (Ratko), suicidatasi improvvisamente nel 1994, forse dopo aver scoperto il lato più oscuro del padre. Questa vicenda si innesta nella storia più ampia della Jugoslavia e delle ultime guerre che hanno portato alla divisione del paese. Tuttavia il risultato è deficitario:la prima parte è per lunghi tratti imbarazzante per lo stile,né letterario né cronachistico,semplicemente scialbo e segue la protagonista in Russia con amici mantenendo un alone di mistero (francamente inutile) sulla sua identità con lei che difende strenuamente le ragioni della Serbia. Poi nella seconda parte vi è una grande (e discutibile) cesura nel romanzo,la storia viene raccontata da un amico/innamorato di Ana e, anche se sembra procedere meglio, forse perché si allarga l'orizzonte sugli eventi non più solo personali, si rimane un po'spiazzati da questo brusco cambio di prospettiva. Infine anche tutto l'aspetto del rapporto padre/ figlia è trattato superficialmente e, come dicevo, lo stile non c'è. Per me una quasi totale delusione.
L'autrice, Clara Uson, riesce sapientemente ad unire e fondere la parte storica della ex Jogoslavia e la parte romanzata che vede protagonista Ana, figlia di Ratko Mladic, il «Boia dei Balcani». La struttura del libro vede alternarsi un capitolo in cui viene raccontata la storia di Ana ed un capitolo in cui si narrano le vicende di alcuni protagonisti della guerra dei Balcani. Molti gli spunti di riflessione tra cui il ruolo di Mladic, affettuoso in casa e crudele in guerra.
C’era una volta la Jugoslavia: serbi, croati, sloveni, turchi, albanesi, ebrei, cattolici, ortodossi, mussulmani avevano messo da parte secoli di sangue e rancore per vivere uniti sotto la stessa bandiera in uno stato in cui non contavano né la razza, perché irrilevante, né la religione, perché bandita. Ma quando Josip Broz, meglio conosciuto come Tito, controversa guida politica di questa nazione multietnica venne a mancare la pace e la concordia finirono presto. Alla morte del “Maresciallo” infatti vennero subito rispolverate differenze e antichi risentimenti, ogni etnia rivendicò la propria indipendenza disseppellendo l’ascia di guerra, gli ideali di unità, fratellanza e uguaglianza inculcati nella gente dal vecchio regime vennero brutalmente soppiantati da un fervido quanto sanguinario nazionalismo, portando i Balcani a vivere uno dei momenti peggiori della loro storia. In questo terribile periodo si muovono i due protagonisti del libro di Clara Usòn, Ana e Danilo, due giovani amici, entrambi studenti, con tante cose in comune ma anche con tante differenze e divergenze di vedute. Ana, realmente esistita, è una convinta sostenitrice dello sciovinismo dilagante che porta il suo popolo ad imbracciare le armi per la causa nazionale (in questo caso Serba). Il suo modo di pensare dipende molto dall’ambiente in cui è cresciuta, suo padre è un militare molto famoso, un generale dell’esercito, un patriota che rischia la vita per difendere il suo popolo dai nemici e Ana lo adora e lo stima in maniera incondizionata. Il suo sogno è diventare presto un eccellente chirurgo e andare al fronte a salvare la vita agli eroi che combattono per la patria, così da seguire l’esempio del padre e rendersi utile alla causa serba. Ma i suoi castelli crollano impetuosamente quando la ragazza comincia a rendersi conto di chi è veramente l’uomo che l’ha messa al mondo: il generale Ratko Mladic è infatti conosciuto come il “boia dei Balcani”, un pazzoide esaltato responsabile di un incalcolabile serie di delitti contro l’umanità, dal genocidio alla violazione delle leggi di guerra. Scoprire che genere di mostro si celi dietro l’uomo che tanto ama e ammira sarà fatale per Ana. Danilo invece, personaggio di fantasia e voce narrante del libro, è un pacifista, un classico esempio di incrocio di differenti etnie e religioni, che non riesce a capire il senso dell’improvviso e violento nazionalismo che imperversa nei Balcani. Attraverso i suoi occhi ripercorriamo le varie tappe di una guerra atroce che si è combattuta a due passi da noi, nel cuore dell’emancipata Europa, tra l’imperturbabilità degli altri governi e lo scarso interesse dei mass media. Clara Usòn invece va a fondo nella sua importante e interessantissima ricerca storico-politica, non soltanto mettendo in evidenza le atrocità commesse ma anche denunciando l’indifferenza e addirittura le squallide connivenze grazie alle quali si è realizzato l’orribile progetto di pulizia etnica della ditta Milosevic-Karadzic-Mladic, cioè lo sterminio dell’intera popolazione mussulmana della Bosnia-Erzegovina, nonché l’intempestività di una Comunità Internazionale che ha deciso di intervenire solo a genocidio ultimato. Ottimo l’equilibrio tra reale e romanzato, impeccabile la cronaca, esaurienti le notizie. Inquietante l’analisi socio-politica che evidenzia quanto facile sia manipolare i mezzi d’informazione e raggirare le masse, quanto pericolosi siano i nazionalismi, a partire dal più innocente (in apparenza) campanilismo, e quanto siano sempre attuali le parole di Hegel quando diceva: “La storia ci insegna che gli uomini e i governi non hanno imparato nulla da essa”.
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