Dopo la lettura, veramente appagante, di Per cosa si uccide, primo romanzo scritto da Gianni Biondillo, mi aspettavo, in tutta sincerità, una riconferma con questo Il giovane sbirro e invece mi sono trovato fra le mani un libro in cui gli innegabili pregi dell’autore risultano sprecati. Che si dovesse parlare dei precedenti dell’ispettore Michele Ferraro mi è sembrato giusto, anche perché così è stato possibile conoscere l’origine degli altri consueti personaggi di contorno (la moglie Francesca, da cui si separerà, la figlia Giulia, il simpatico e premuroso fruttivendolo Don Ciccio, i colleghi Lanza e Comaschi), però che questo avvenisse con il supporto di più di una indagine, anzi un bel po’ di più, e con il ricorso frequente a salti temporali non mi è andato giù. Sì, non l’ho gradito perché quando leggo un libro detesto tutte quelle vicende che mi ingenerano confusione e che tolgono il ritmo, demoliscono l’indispensabile tensione, finiscono quasi con l’indispettire. Biondillo ha messo troppa carne al fuoco e per complicare la cottura ha inserito dei frequenti flashback, così che ho avuto dei momenti di autentica confusione. Già l’inizio non è dei più accattivanti, perché se si dice che l’incipit ha la sua importanza, nel caso specifico mi ha fatto venire la voglia, dopo una decina di pagine, di abbandonare la lettura; ho tuttavia proseguito e per fortuna andando avanti le cose sono un po’ migliorate, con dei casi che mi hanno destato interesse, inframmezzati ad altri francamente un po’ banali, ma è solo verso la fine che ho cominciato a ritrovare il Biondillo che mi ha così favorevolmente impressionato con Per cosa si uccide, un po’ troppo tardi però per poter modificare il mio giudizio che non è certamente negativo, ma solo appena un po’ più che discreto.
Il giovane sbirro
«Uno scrittore imprevedibile, acuto e di grande godibilità letteraria.» la Repubblica - Alessandro Bertante «Uno scrittore di razza. Un umorismo poetico, trasognato e irresistibile. Da non perdere.» Giancarlo De Cataldo «Uno scrittore imprevedibile, acuto e di grande godibilità letteraria.» la Repubblica «Biondillo divaga cercando l’anima delle cose. Colora di leggenda il grigio delle periferie... Appassiona, diverte, poi, dopo tutto, finisce. Senza fretta, d’un fiato.» Corriere della Sera «Biondillo ha il dono di una scrittura fluida e sicura, che, unita a un autentico interesse per i problemi della società contemporanea, gli permette di narrare con intensità e ironia efferati delitti, ordinarie prevaricazioni, umanissime debolezze.» Panorama Quando ha deciso di entrare in polizia Ferraro? Quando ha incontrato per la prima volta il suo collega Augusto Lanza? Perché si è separato dalla moglie? Molte erano le domande lasciate in sospeso da Biondillo sul passato del suo personaggio preferito. Il giovane sbirro risponde a tutte e, in una sorta di album di ricordi e di fotografie, racconta gli anni di apprendistato nella polizia del futuro ispettore Ferraro: dalle prime esperienze nelle valli alpine, al trasferimento sulle volanti a Milano, dove troviamo alcuni amici a cui siamo già affezionati, come Don Ciccio e Mimmo ’O Animalo. E poi ci sono le sfide del presente, come la ricerca di un immigrato albanese scomparso misteriosamente e in realtà finito nelle reti di una giustizia incomprensibile e assurda. Non sempre Ferraro trova una soluzione alle sue indagini, così come alla sua vita privata, ogni giorno più compromessa...
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Renzo 31 ottobre 2022Troppa carne al fuoco
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