Guanti bianchi - Edgarda Ferri - copertina
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Letteratura: Italia
Guanti bianchi
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Descrizione


Sarajevo, 28 giugno 1914. Sei colpi di rivoltella freddano Francesco Ferdinando d'Asburgo e Sophie Chotek, sposa morganatica dell'erede di Francesco Giuseppe perché "non abbastanza nobile" per diventare imperatrice. In sette capitoli, corrispondenti ai giorni in cui si dipana la querelle fra l'opinione pubblica e Alfred di Montenuovo, incaricato di organizzare le esequie, Edgarda Ferri racconta le discussioni, i puntigli, i compromessi dell'inquietante Gran Ciambellano di Corte, che non riconosce Sophie come moglie legittima dell'erede al trono, arrivando a concederle soltanto un paio di misteriosi guanti bianchi posati sulla bara, poggiata a terra e lontana da quella del marito, issata su un enorme catafalco ornato dai simboli imperiali.

Dettagli

27 agosto 2014
160 p., Rilegato
9788857225210

Valutazioni e recensioni

  • Renzo Montagnoli

    Il 28 giugno 1914, a Sarajevo, vittime di un attentato dei nazionalisti serbi persero la vita l’erede al trono dell’impero austro-ungarico Francesco Ferdinando d’Asburgo e sua moglie Sophie Chotek; l’evento in sé, per quanto grave, sarebbe stato confinato nei fatti, non sempre lieti, che costellano la storia se non avesse invece costituito il pretesto per l’inizio di un conflitto enormemente sanguinoso, più conosciuto con il nome di prima Guerra Mondiale. Se forse è vero che nessuno voleva uno scontro aperto, è altrettanto vero che nulla fu fatto per impedirlo, con conseguenze nefaste per chi vi si impegnò militarmente soprattutto per tentare di risolvere il problema, invece ormai senza soluzione, di una inarrestabile decadenza. Furono sufficienti infatti pochi anni per cancellare dalla scena europea alcune grandi monarchie, che ormai da tempo apparivano in inesorabile declino; sparirono così i grandi regni e imperi di Russia, di Turchia, di Germania e di Austria-Ungheria. Perché ciò avvenne? Perché una grande dinastia quale quella asburgica giunse alla fine dei suoi giorni? E’ a queste domande che Edgarda Ferri intende rispondere con il suo romanzo storico Guanti bianchi, partendo proprio da quel funesto 28 giugno 1914. Ed è lì che con l’improvvisa scomparsa dell’Arciduca, nel vuoto di un potere rappresentato dall’imperatore Francesco Giuseppe, vecchio e stanco e soprattutto atrofizzato nel suo personaggio di regnante, padre di tante patrie di cui ormai non conosce più i figli, prende corpo una figura normalmente non di primo piano in una dinastia, ma che nella circostanza ha il potere di dettare regole e comportamenti a cui tutti devono soggiacere. Si tratta del principe Alfred di Montenuovo, il Gran Ciambellano, il cui compito è ora di organizzare le solenni esequie, secondo un protocollo rigido, pomposo, fuori di ogni logica e anche fuori dal tempo. Lui può tutto, ciò che decide è legge e deve essere obbedito; è un uomo insensibile, perfino gretto, che di certo non aveva in simpatia l’Arciduca, per non parlare si Sophie Chotek che, per quanto contessa, era troppo poco nobile per sposare un erede al trono. Infatti il futuro imperatore d’Austria avrebbe dovuto sposare solo una figlia di re e ce ne volle a Francesco Ferdinando per convincere Francesco Giuseppe a dare l’assenso al matrimonio, assenso frutto di un compromesso di una meschinità incredibile: la sposa avrebbe dovuto vivere nell’ombra, come se non ci fosse stata. E anche questo è un bel problema per il Gran Ciambellano, costretto a far convivere un funerale di prima classe con un altro di terza, un catafalco immenso su cui collocare il corpo dell’arciduca e qualche cosa di infinitamente più modesto per la moglie. Tuttavia, per gentile concessione, in un apparente impeto di umana pietà, il principe di Montenuovo consentirà che sulla bara di Sophie, esposta per due ore nella cappella palatina dell’Hoffburg, vengano messi un paio di guanti bianchi e un ventaglio nero. Perché? Per sancire un indiretto legame con la famiglia del marito in quanto lei da nubile era stata dama di corte della moglie di un arciduca Asburgo. Sophie era stata solo una dama di corte, quasi una cameriera di rango nobiliare, e tale era da considerarsi ancora. Non si tratta quindi di umana pietà, bensì di un ulteriore affronto a una donna che in vita sua aveva avuto solo il torto di amare l’erede al trono. E in un’atmosfera come questa, nella cappa opprimente del vecchio e stantio che l’attentato ha reso ancora più cupa, è evidente che ci troviamo di fronte alla degenerazione di un sistema che, divorando se stesso, finisce con l’implodere. Il ritmo è dovutamente lento perché tale deve essere ed Edgarda Ferri ha saputo dare a un dopo (dopo l’attentato) il senso ben preciso di una cerimonia funebre con cui una dinastia finisce con il seppellire se stessa. Da leggere senz’altro.

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Foto di Edgarda Ferri

Edgarda Ferri

0, Mantova

Edgarda Ferri è nata a Mantova e vive e lavora a Milano. Scrittrice, saggista, giornalista ha esordito nel 1982 con Dov’era il padre, un romanzo che rimane tuttora un ritratto fondamentale e un punto di riferimento per un’intera generazione. Ha pubblicato inoltre, Contro il padre (1983), La tentazione di credere (1985), Il perdono e la memoria (1988), Luigi Gonzaga (1991), Quello che resta di Cristo dopo 2000 anni (1996) e, per Mondadori, Maria Teresa (1994), Giovanna la Pazza (1996), Io, Caterina (1997), Per amore (1998), L'ebrea errante (2000), Piero della Francesca (2001), La grancontessa (Le Scie, 2002), Letizia Bonaparte (2003), L'alba che aspettavamo (2005), Il sogno del principe (2006), Rodolfo II (2007), Uno dei tanti (2009).

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