Ho un timore reverenziale verso il Novecento, secolo di grandi: scrittori, intellettuali, registi, artisti e persino statisti. E non sono influenzato da “ricordi di gioventù” di sorta perché, quando io ero giovane, il secolo breve oramai si stava chiudendo: tra i tanti, Pasolini sopra tutti, Moravia - che di PPP guarda caso fu amico ed estimatore, basta ricordarne l’accorata, l’arrabbiata orazione funebre - è esattamente uno di quelli verso i quali ero timoroso. Perché anche Moravia è un Grande. Gli indifferenti, suo primo romanzo, amato, odiato e ancora amato (rivelatori i 3 interventi dello stesso autore sul romanzo, scritti a distanza di anni e presenti nella bella edizione dei Classici Contemporanei Bompiani). Quasi una pièce teatrale, che talvolta ricorda il di molto successivo Chi ha paura di Virginia Woolf? di Albee, quasi uno stream of consciousness alla Woolf. Storia di una decadenza morale in due giornate. Le apparenze, i vizi privati, le pubbliche virtù, il soffocante perbenismo della famigliola alto borghese, che si trova in balia del piccolo borghese Merumeci, in termini materiali e in quelli più intimi e morali. Tutti spudorati, tutti amorali, tutti lascivi ed egoisti, tutti tranne forse il giovane Michele, che cerca con tutta la sua inesperienza di porre fine al lento scorrere delle cose, che cerca di risollevarsi dall’indifferenza generale. Paradossalmente però, è propri lui che si autoaccusa di ogni indifferenza, di ogni apatia, di ogni disinteresse e ciò che mette in pratica è esso stesso atto contro l’indifferenza, quindi da questa generato. “Sai cosa si fà quando non se ne può più? Si cambia”: sante parole quelle di Merumeci, peccato che siano dettate dal mero interesse personale (l’inizio della decadenza) e vengano accolte da Carla solo per tirarsi fuori dall’apatica indifferenza del suo vivere. Quanto tanto della società moderna c’è in quella di Moravia del 1927!
Gli indifferenti
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Da questo romanzo, il film diretto da Francesco Maselli, con Tomas Milian e Claudia Cardinale.
«Il libro che segna nella nostra letteratura narrativa l'atto definitivo di morte del buon senso borghese» – Edoardo Sanguineti
«Nell'acqua distillata della nostra letteratura, Moravia gettò l'aspra storia del suo primo libro, una storia si direbbe più ispirata che pensata, perché l'autore stesso non si rese subito conto di aver scritto il primo libro esistenzialista» – Alberico Sala
Quando Alberto Moravia cominciò a scrivere questo capolavoro, nel 1925, non aveva ancora compiuto diciott'anni. Intorno a lui l'ltalia, alla quale Mussolini aveva imposto la dittatura, stava dimenticando lo scoppio d'indignazione e di ribellione suscitato nel 1924 dal delitto Matteotti e scivolava verso il consenso e i plebisciti per il fascismo. Il giovane Moravia non si interessava di politica, ma il ritratto che fece di un ventenne di allora coinvolto nello sfacelo di una famiglia borghese e dell'intero Paese doveva restare memorabile. Il fascismo eleva l'insidia moderna dell'indifferenza a condizione esistenziale assoluta.
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Baraclaus 17 novembre 2025Oggi come ieri, forse peggio
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Chià 11 novembre 2025sorprendente
Vanità, apatia, rifiuto della realtà, egoismo: un tuffo nelle pulsioni più sordide dell'animo umano. Scrittura ricca d'immagini e metafore, molto piacevole, soprattutto nei passaggi d'introspezione.
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ciaooila 10 gennaio 2025Unico
Un libro che ti porta ad affrontare quella che era l'Italia degli anni '20. Una storia fatta di una continua lotta tra la totale apatia e indifferenza.
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