Una lunga lettera di dimissioni da un incarico prestigioso come direttrice del Teatro, a metà di una vita piena e ricca. L’amore per Gianni che dura da sempre, la passione per il teatro che inizia quasi per caso. Una lettera lunga, lunghissima per dire che a vincere (in Italia?) è il privato. Mentre vanno di pari passo la vita di Clelia e la storia di una Italia che rinuncia a poco a poco alla cultura per la tranquillità.
Lettera di dimissioni
Scendendo a capofitto per i rami delle generazioni, Clelia riesce a trovare il suo posto sull'asse del tempo: ha una data d'inizio, il 1914, e persino una capostipite, la nonna Franca, giunta dalla Russia a Napoli. Innamorata della vita, ricca di passione e di ideali, Clelia cresce con i piedi piantati nella provincia e lo sguardo rivolto alla città. Quando Clelia incontra Gianni non ha dubbi su cosa fare: insieme trovano quarantadue metri quadri in cui sostenersi "l'un l'altra come due carte da gioco poggiate in piedi". Per mantenersi lavora come maschera in un teatro, e proprio in teatro farà presto carriera. Appagata dal successo, Clelia sembra non accorgersi di scegliere sistematicamente il "male minore". Il nuovo romanzo di Valeria Parrella ha l'energia e il coraggio delle storie necessarie. La storia di Clelia procede di pari passo con quella dell'Italia, e ci restituisce il ritratto di un Paese che ha progressivamente rinunciato al pubblico per il privato, all'etica per il guadagno, ma che con ostinazione ciascuno di noi continua ad amare "come si amano solo le cose che vengono prima di noi e dopo di noi resteranno". Senza dismettere la voce intima e sensuale che le è propria, Valeria Parrella narra la perdita di contatto tra ciò in cui si crede e il modo in cui si agisce, fino alla consapevolezza che "le cose non si compiono all'improvviso, ma all'improvviso le vedi nel loro intero".
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Autore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2013
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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frank 22 settembre 2022una lunga lettera di dimissioni...
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MARIO D'ANDREA 25 settembre 2011
Dopo aver letto la recensione di Concita De Gregorio su La Repubblica non ho esitato ad acquistare il romanzo. Premetto che sono al mio primo incontro con l'autrice che mi ha affascinato per lo stile di scrittura davvero pregevole: ottimo italiano (finalmente) e generosa introspezione. Quello che mi è mancato è il senso della lettera di dimissioni da questo Paese. Troppo personale l'introspezione che lascia al lettore la decodifica delle implicazioni delle vicende personali sul piano sociale (evidentemente le mie aspettative erano diverse). Vi sono alcuni passaggi memorabili e l'inizio è folgorante. Molto interessante la diatriba (con immaginario dialogo finale) con l'edificio del Jolly Hotel. Acuta l'osservazione dell'innamorarsi dell'idea di essere innamorati di una persona! Ma mi è mancato davvero il grido di dolore esplicito per la difficoltà di accettare la realtà che ci circonda, che non abbiano scelto, che ogni giorno che passa diventa più grave ed assurda. Altri dovrebbero dimettersi...ma questa è un'altra storia! Una lettura comunque affascinante.
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