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Il romanzo tratta della classe operaia nella maniera classica di Sillitoe: chi ha letto "Le chiavi di casa" troverà la stessa rabbia e la stessa narrazione asciutta che caratterizza l'autore. Molto consigliato.
Romanzo apparentemente scialbo, ma che invece si dimostra molto interessante.
La classe operaia andrà mai in Paradiso? Piuttosto improbabile se l'operaio in questione si chiama Arthur Seaton ed è nato dalla penna di A. Sillitoe. Un romanzo pieno di rabbia, questo Sabato sera, domenica mattina. Di resistenza alla rassegnazione di una vita scandita dai ritmi meccanici del tornio. Di risse, di sbronze, di incontri clandestini, di paghe spese per acquistare abiti alla moda, di pub gremiti di frequentatori abituali, di mariti che trascurano le mogli, di mogli che tradiscono i mariti. Vita di una cittadina inglese industrializzata, dal cielo grigio di nubi, di fumo di ciminiere, di routine, di minacce di guerra all'orizzonte. Difficile parlare di Sabato sera, domenica mattina senza fare citazioni. E dire che le recensioni che contengono righe e righe di citazioni proprio non mi piacciono: i libri, alla fine, possiamo leggerli da noi... Eppure pensando a questo romanzo, non se ne può fare a meno. Ci sono alcuni passi che sembrano sottolinearsi da soli, per restare impressi nella memoria. Un potere immaginifico che ti fa vedere Arthur immerso nei suoi pensieri e nella sua insofferenza al tornio, o ubriaco al pub, con l'inseparabile birra, o di ritorno a casa, per le strade buie e bagnate di Nottingham. Ho scelto alcuni brani perchè consegnarli alla mia libreria su Anobii è come metterli al sicuro nel prezioso scrigno della memoria. "Non appena mettevi piede fuori dalla fabbrica non pensavi più al lavoro. Ma il bello era che non ci pensavi nemmeno quando eri al tornio. Cominciavi la giornata tagliando e trapanando cilindri d’acciaio con molta cura, ma a poco a poco le tue azioni diventavano automatiche e ti dimenticavi della macchina e del rapido movimento delle mani e delle braccia e del fatto che stavi tagliando, fresando e filettando nell’ordine dei millimetri. Il rumore dei carrelli che andavano su e giù e l’assordante frastuono delle cinghie che sbattevano scivolavano fuori dalla tua coscienza dopo una mezz’ora, senza incidere sulla qualità del lavoro che stavi facendo; dimenticavi i passati litigi con il capo e cominciavi a pensare ad episodi piacevoli che ti erano capitati o che speravi ti capitassero in futuro. Se la tua macchina lavorava bene [...] e i tuoi movimenti seguivano un buon ritmo, eri quasi felice. Potevi sognare ad occhi aperti tutta la giornata. E la sera, quando ti sentivi le braccia e le gambe come se te le avessero stirate su una ruota di tortura, entravi in un mondo caldo e confortante fatto di pub e di puttane, che in futuro ti avrebbe fornito la materia grezza per altri sogni ad occhi aperti davanti al tornio” (pag. 69-70) “Ma ascolta, questo tornio è il mio più grande amico perchè mi aiuta a pensare, ed è qui che sbagliano perchè so di non essere il solo. Un giorno loro abbaieranno e noi non correremo nel recinto come un branco di pecore. Un giorno accenderanno tutte le luci, batteranno le mani e diranno: “Avanti, ragazzi. Mettetevi in fila e prendete i vostri soldi. Non vogliamo che facciate la fame”. Ma forse qualcuno di noi preferirà la fame, e allora cominceranno i guai”. (pag. 285) “Be’, tutto sommato la vita è bella, se non ti butti giù, e se sai che questo immenso mondo non ha ancora sentito parlare di te, no, neanche lontanamente, ma ormai ci manca pochissimo”. (pag. 307) Wow, un secchio di acqua fredda in faccia...
Recensioni
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