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Lo spezzino Alberto Sordi, ispirato dalla scrittura automatica dei surrealisti e attraverso il simbolismo romantico e decadente, preferendo l’ inattualità, intende condurci nel versante crepuscolare e malinconico delle cose, in un chiaroscuro onirico, dove una natura selvaggia, aracnoide come il dio-dea Anansie, dovrebbe riplasmarci. Infatti, anche se ormai eclissati, è proprio al tramonto, come suggerisce Hölderlin, che ritornano gli dei fuggiti. Negli scritti possiamo scorgere rievocazioni di Orta, motti alchemici, ironie su Leopardi e Pascoli, citazioni leonardesche, antiche mitologie, riferimenti a Nietzsche, Wagner e Pavese, accenni involontari a Pessoa, fino ad arrivare all’alienazione contemporanea dei condomini mesozoici, alla quale l’Autore vorrebbe sottrarsi incamminandosi verso un’indefinita Locanda del Vespro, dalla quale si sente attratto e respinto allo stesso tempo, o un semplice giardino liberty della sua città. Il libro è illustrato internamente con immagini rarefatte del Boschetto dei Giardini Pubblici della Spezia.
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