Compositore spagnolo. Rivelatosi precocemente, nel 1896, dopo i primi studi compiuti sotto la guida della madre e di J. Tragó, si trasferì a Madrid; qui, appassionatosi al genere della zarzuela, affrontò le prime esperienze teatrali. Al culmine della sua attività creativa di questo periodo è La vita breve (composta nel 1905 ma rappresentata soltanto nel 1913), opera verista che già indica, nell'uso ponderato del «colore locale», quella che diverrà la poetica dominante del compositore. Stabilitosi a Parigi (1907), F. entrò in contatto con i musicisti spagnoli che già vi risiedevano (fra cui Albéniz e il pianista Viñes) e con alcuni dei più celebrati maestri francesi (Debussy, Ravel, Dukas). Influenzato da questi ultimi, optò per lo stile impressionista (come nelle Tre melodie per voce e pianoforte, 1909), nel cui ambito diede un capolavoro con Notti nei giardini di Spagna (Noches en los jardines de España, 1909-15) per piano e orchestra, sorta di poema sinfonico in tre parti pervaso da una struggente sensualità sonora. La stessa ricerca sapiente e raffinata di effetti strumentali, innestata su motivi di derivazione popolare (ma di un folclore autentico, non manierato, anche se quasi «inventato») e su ritmi tipicamente iberici, torna con risultati non meno vitali nei due balletti L'amore stregone (El amor brujo, 1915) e Il cappello a tre punte (El sombrero de tres picos, 1919), ai quali è largamente legata la fama che F. conquistò in tutto il mondo (al primo dei due balletti appartiene, fra l'altro, quella Danza rituale del fuoco divenuta notissima anche nella trascrizione pianistica fattane dall'autore). Queste musiche inquietanti, insinuanti, talvolta esplosive, sono impostate su vorticosi giri di danza che ne fanno una sorta di distillato della più genuina musica spagnola; ma, nello stesso tempo, esse rivelano in F. un compositore aggiornatissimo, in linea con i movimenti più qualificati della musica contemporanea. La presenza di una Spagna ritratta dal vero e interpretata con linguaggio moderno era già emersa, del resto, nella serie delle Sette canzoni popolari spagnole (Siete canciones populares españolas, 1914) per voce e pianoforte, di straordinaria evidenza poetica; ma doveva affermarsi in modo ancora più alto e perentorio in due opere situate, a prima vista, su piani stilisticamente opposti, in realtà straordinariamente affini per gusto e sensibilità culturale: Il teatrino di mastro Pietro (El retablo de maese Pedro, 1919-23) e il Concerto per clavicembalo, flauto, oboe, clarinetto, violino e cello (1923-26). Il primo, che traduce in musica una celebre pagina del Don Chisciotte nel contesto di un'azione scenica per marionette, è una limpida creazione di canto castigliano, in uno stile recitativo prodigiosamente concitato, che emerge soprattutto nella voce dell'imbonitore, impersonato da un ragazzo. Il Concerto affonda invece le proprie radici nella tradizione strumentale, rifacendosi addirittura al clavicembalismo di François Couperin, con i suoi fastosi abbellimenti, e a quello di Domenico Scarlatti, con i suoi ritmi esaltanti. Dopo il 1926 F. tornò soltanto raramente alla composizione. Per vent'anni, tuttavia, il musicista – che nel 1939, dopo l'affermazione del regime franchista, andò esule in Argentina, lasciando per sempre la patria dove aveva fatto ritorno nel 1914 – coltivò un progetto ambizioso: l'opera Atlántida, vistosa glorificazione della storia mitica della sua terra. Il lavoro, rimasto incompiuto e integrato da E. Halffter, giunse alle scene soltanto nel 1962. Nel 1938 F. scrisse Homenajes (Omaggi), suite di quattro pezzi per orchestra dedicati ad Arbós, Pedrell, Debussy e Dukas, gli ultimi due trascritti da precedenti composizioni, rispettivamente per chitarra e per pianoforte.