(Calahorra, Spagna, 35 ca - Roma 95 ca d.C.) scrittore latino. Educato a Roma alla scuola di illustri maestri di eloquenza, esercitò in Spagna l’insegnamento e l’avvocatura con notevole successo, finché nel 68 Galba, divenuto imperatore, lasciando il governo della Spagna, lo ricondusse a Roma. Per il grandissimo prestigio ottenuto come avvocato e soprattutto come insegnante, Q. fu il primo maestro di retorica stipendiato dallo stato: un incarico (conferitogli da Vespasiano nel 70 ca) che egli tenne per 20 anni. Fra i suoi numerosi allievi ebbe Plinio il Giovane e, forse, Tacito. Tra il 90 e il 92 ca compose in 12 libri le Institutiones oratoriae, pubblicate verso il 95 e pervenute integre: l’ultimo e insieme il più ampio e organico trattato di retorica dell’antichità. Perduto è invece un suo scritto sulle cause della decadenza dell’eloquenza (De causis corruptae eloquentiae) e certamente più tarde sono le 19 Declamationes maiores conservate sotto il suo nome. Pur nella nuova situazione politica, in un impero unitario e pacificato, Q. ripropone il modello dell’oratore di età repubblicana, così come l’avevano tracciato Catone e Cicerone: il cittadino giusto, impegnato nella vita pubblica, che sa usare la parola per il bene della comunità. In vista di ciò egli esamina ogni aspetto della formazione culturale dell’oratore, fin dall’infanzia (scrivendo nel libro I alcune tra le pagine più illuminate della pedagogia antica). Q. si oppone da un lato agli eccessi della nuova prosa di tipo senechiano e allo stile acceso delle declamazioni, dall’altro al troppo scarno gusto arcaistico, e propone anche per lo stile il modello di Cicerone. Ammette però, sia in teoria, sia soprattutto nella pratica della sua prosa, concessioni al nuovo gusto per l’irregolarità e per il colore vivace. Per questo porsi come equilibrato moderatore delle varie tendenze del tempo, egli va considerato uno dei più vivi e aperti rappresentanti di quell’orientamento classicistico della cultura flavia che Domiziano stesso suggeriva. Dimenticato subito dopo la morte, Q. ritornò in auge nel medioevo (scuola di Chartres) e nel rinascimento, dopo la scoperta, dovuta a P. Bracciolini, di un manoscritto completo delle sue opere nel monastero di San Gallo. A lui risale indirettamente, attraverso Marziano Capella e Boezio, la suddivisione delle arti liberali. Le sue Institutiones oratoriae rimasero, anche dopo il rinascimento, il trattato di retorica per eccellenza.