(Acri, Cosenza, 1819-93) scrittore italiano. Sacerdote, abbandonò e riprese più volte l’abito talare. Partecipò attivamente alle cospirazioni antiborboniche e dopo il 1848 fu costretto a lasciare l’insegnamento. Esordì con due novelle in versi (Il monastero di Sambucina, 1842; Valentino, 1845), in cui il patetismo romantico, influenzato dal modello byroniano, volge verso esiti di un «orrido» e di un «maledettismo» spesso di maniera. In seguito scrisse altri versi (una trasposizione metrica dell’Apocalisse, 1854; Poesie varie, 1878; Poesie, postume, 1894) e il dramma Antonello capobrigante calabrese (composto nel 1850, pubblicato nel 1864), dove torna a tematiche già affrontate in Valentino, ma con una nuova attenzione alle ragioni sociali. La sua opera più importante è costituita dal periodico «Il Bruzio», settimanale di tendenza democratica da lui fondato e redatto a Cosenza (1864-65); fra gli altri articoli si distingue la serie dedicata allo Stato delle persone in Calabria, che denunciano le condizioni miserevoli delle plebi calabresi, e confermano le doti di P. come sociologo e demopsicologo, oltre che come narratore.