Elyria è un persona con un passato complicato, lo comprendiamo dal flusso di pensieri che l’accompagna durante questo suo viaggio improvvisato verso la Nuova Zelanda: suo marito era il professore di sua sorella, suicida; sua madre un’alcolizzata. Quando si sposa, Elyria sembra trovare la pace, sembra aver trovato una persona con cui sta bene, che colma quel vuoto improvviso, eppure questa vita apparentemente perfetta non è sua. La combinazione di parole che ricorre maggiormente nel romanzo è “me stessa”, ecco cosa cerca Elyria. Cerca di fare luce sulla sua vita, sui suoi guai, sulla sua infelicità immotivata. L’empatia in questo romanzo è essenziale per riuscire a comprendere Elyria; è un rapporto di amore e odio quello con il lettore. Per quanto alcune volte a possa sembrare folle, priva di potere decisionale sulla sua vita, il viaggio nella sua mente e per il paese vi aprirà prospettive diverse, in bilico tra il voler essere e la volontà di scomparire.
Elogiato dalla critica come uno dei migliori esordi dell’anno, sostenuto da una scrittura incalzante e quasi ipnotica, Nessuno scompare davvero è una sorta di road movie introspettivo che spiazza e appassiona il lettore.
«Marito, mi rendo conto che le mie metafore sono diventate assurde, ma quello che voglio dire è che c’è un futuro, e in quel futuro io ci sono. Forse un domani tornerò a casa e forse non sarà troppo tardi perché io diventi il tipo di donna che non ha la sensazione di vivere una vita irrimediabilmente incasinata, e forse col tempo mi dimenticherò cos’era successo alla mia testa, dov’era finita e perché non riuscivo più a trovarla e non ci riuscivi neanche tu. Ma se non dovessi tornare a casa, Marito, devi sapere che io sento ancora di appartenerti in tanti modi.»
Elyria, ventotto anni, ha un lavoro stabile e un marito a New York: ma un giorno, senza dare spiegazioni, molla tutto e parte con un volo di sola andata per la Nuova Zelanda. Passerà mesi a vagare in autostop fra le campagne di quel paese sconosciuto, incrociando le vite di altre persone e tentando di dare un po'di pace alla sua. Scopriamo che Elyria ha un passato difficile (una madre alcolizzata, una sorella adottiva suicida, allieva del professore che è poi diventato suo marito), ma la fuga non è causata da crimini o violenze: nasce da un malessere esistenziale tanto profondo quanto difficile da definire; e il romanzo è, di fatto, un viaggio nella mente della narratrice, capace di osservazioni acutissime sul mondo, ma anche preda di improvvisi squilibri; dentro di lei, dice, si muove un bufalo riottoso che non riesce a placare.
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Anno edizione:2016
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RAMONA D'ALFONSO 01 dicembre 2017
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Chiara Binando 27 novembre 2016
Difficile parlare di questo libro: leggerlo è esplorare se stessi, e, allo stesso tempo, fuggirne. Elyria è una giovane donna che si ritrova ad assecondare uno degli istinti primordiali più sentiti: scappare quando le cose si mettono male. Senza dire nulla al Marito, quindi, intraprende un lungo viaggio verso la Nuova Zelanda, esplorandola in autostop. Questo pellegrinaggio sarà una ricerca interiore mai scontata nè banale, un viaggio alla ricerca del passato, alla sua comprensione. Elyria proverà a risanare alcune ferite indomabili, anche se molto difficile. Un esordio eccellente.
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Elyria, giovane newyorkese autrice di soap opera, battezzata col nome di una città in cui sua mamma non è mai stata, decide di partire alla volta della Nuova Zelanda, con in mano solo un remoto indirizzo di una fattoria in cui nessuno la sta aspettando. Abbandona la sua vita apparentemente ordinaria, il suo lavoro stabile ed il marito, un 'buco a forma di persona', per vagare qua e là in autostop, alla ricerca di sé stessa, incontrando personaggi molto particolari lungo il suo cammino, o forse ancora per scomparire da sé stessa e dal bufalo inferocito che tiene chiuso dentro sé. Un viaggio on the road descritto dal flusso dei suoi pensieri, a tratti disturbante e paranoica, è lei in prima persona a raccontare la sua strana storia, il suo passato e la sua instabilità emerge tra le righe. Un romanzo che si ama e si odia al contempo, perché si finisce per essere inevitabilmente risucchiati nel vento di pensieri della protagonista e a ritrovarsi coi capelli piacevolmente scombinati. Un esordio stupefacente per questa giovane scrittrice.
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