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Anno edizione: 2023
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Claudio Martelli dedica e scrive questa ponderosa autobiografia (circa 600 pp) "...per raccontare alla folla dispersa...delle compagne e dei compagni la storia che hanno vissuto.." . Infatti i tanti giovani e meno giovani che dal congresso del Midas del 1976 riposero nel Progetto Socialista le loro speranze di modernizzazione di un paese bloccato dall'assenza di alternative di governo, della pubblica amministrazione, del mondo del lavoro che portasse occupazione e giusti salari, che con entusiasmo parteciparono alle campagne referendarie sulla Giustizia e sul Nucleare, che credettero in un paese dagli standard europei, non aspettavano altro che di sentirsi narrare da uno dei massimi testimoni l'ascesa e la caduta del PSI di Craxi. L'autore racconta di essere stato subito attratto dalla forte personalità di Craxi, allora segretario cittadino. Nonostante un legame fortissimo di stima/affetto che durerà negli anni, Martelli non è tenero nei confronti di Craxi al quale riconosce iniziali brillanti intuizioni, un ringiovanimento dei quadri dirigenti, l'avere restituito ai militanti l'orgoglio di essere socialisti, il successo del referendum sulla scala mobile con conseguente sconfitta dell'inflazione e di avere dato buona prova come Premier, salvo imputargli di essersi dedicato esclusivamente ad una lotta di conquista di posizioni di potere, dopo avere perso Palazzo Chigi, perdendo ogni afflato di rinnovamento progressista. Non edificanti, purtroppo, le pagine dove si parla di una struttura di partito con più ombre che luci, di tangenti miliardarie come normalità, dove ammette di avere usufruito di agi e benefit a spese del partito, e soprattutto, dei casi di divergenza di opinioni con il Segretario quando ha sempre scelto di riallinearsi. In sintesi l'autobiografia di un "delfino" designato che non ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità di dichiarare battaglia quando serviva e che, come tutto il gruppo dirigente del PSI, ha lasciato affondare la barca.
Libro ben scritto. E' la storia di un personaggio fuori dal comune che discute di se stesso, ad anni di distanza dalla realtà trattata ed a bocce ferme. Pungente, riflessiva, intimista, l'opera prende e dà tanto al lettore interessato a tali argomenti. Non c'è l'imparzialità, estranea alla materia politica, ma affiora dalle pagine la serenità di un uomo che non teme di rimproverarsi gli errori passati, e di ascriversi i meriti delle intuizioni corrette e delle azioni lungimiranti. Pensare a questa autobiografia politica come ad una memoria difensiva della prima repubblica, condotta da un suo esponente di spicco, non è solo fuorviante, ma è proprio di chi cerca buoni e cattivi. Non emergono modelli, ma solo uomini con i loro pregi e le loro debolezze.
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