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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2013
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Appassionato da sempre delle opere di Pirandello, tanto geniali quanto originalissime, ho voluto acquistare e leggere questo ennesimo capolavoro: un'opera che si configura come una recita di una recita, una follia! o forse genialità pura, realtà e follia si mescolano, danzano, si confondono, poi si fronteggiano in un dialogo senza fine forse perché la realtà è essa stessa follia e la follia non è altro che un'altra faccia della realtà. Un capolavoro che fa sorridere, un viaggio interiore che fa riflettere. Consigliato.
Enrico IV è la recita di una recita. Finzione di una finzione, forse per questo appare un'opera così autentica. Enrico, il personaggio della tragedia, mette in scena sul palco il perpetuarsi di una situazione storica imbarazzante: l’umiliazione del ventiseienne imperatore di Baviera, costretto a un’estenuante attesa, nell’inverno del 1077, fuori dalle mura di Canossa, mentre Matilde di Toscana, nel ruolo inevitabilmente ambiguo del negoziatore, si adopera presso il Papa Gregorio VII, per ricucire lo strappo fra Chiesa e Impero. Questo dramma, che nella realtà storica si consumò in due giorni, nella tragedia pirandelliana dura vent’anni. La sorella di Enrico, che non si è mai capacitata della pazzia del fratello, sul letto di morte richiede che gli amici rappresentino ancora una volta la scena, per mettere il malato, con uno stratagemma, di fronte al tempo trascorso, in un estremo tentativo di strapparlo alla follia. Questo è il piano che i cinque personaggi hanno in mente quando si portano alla villa dove è rinchiuso Enrico. La grandezza di Pirandello è anche quella di aver messo in scena l’alienazione in un tempo in cui (1922) la psicanalisi è ancora scienza in fasce. Il personaggio di Enrico è per lo più come un personaggio positivo, che sceglie di autoemarginarsi, piuttosto che integrarsi in una società conformista.
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