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La Prophecy of Dante – poemetto in terza rima dantesca uscito a Londra nel 1821 – è una delle opere forse meno note di Byron, eppure di grande rilievo, frutto di un momento particolarmente significativo e intenso della sua vita. Densa di accenti politici, civili e sentimentali, la Profeziasegna l’identificazione di Byron con Dante, anch’egli esule, pellegrino profeta e patriota. A fronte, la traduzione “storica” di Michele Leoni (1821), e in appendice quella di Lorenzo Da Ponte, uscita nello stesso 1821.
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L'introduzione suggerita dai curatori dell'opera byroniana è un'approfondimento ampio e variegato sulle persone che s'intrecciarono con la tormentata storia di questo poemetto, mostrandoci, attraverso estratti epistolari, le esitazioni di soggetti quasi replicabili in molti aspetti nei nostri contemporanei: passione, amore e velleità, ma talora anche eccessi di orgoglio e ipocrisia, questi ultimi in particolare appaiono nell'ostentato fermento di Byron alle cause nazionali, in contrasto con la casta nobiliare e conservatrice a cui questo, benché la critichi, appartiene e difende l'esistenza. Da annoverare inoltre lo spunto storico peninsulare, ove è chiaro come l'idea di Italia unità è cullata in questo periodo quasi esclusivamente dalle caste letterarie, per il loro espresso amore per la lingua dantesca, e in generale da quelle elitarie, perciò nobili radical chic e borghesia. Sul piano tecnico, è indubbiamente elogiabile la scelta di proporre il confronto delle due versioni italiane della Prophecy byroniana, ossia quella di M. Leone, in endecasillabi sciolti e quindi più intenta a replicare le formule originali dell'autore, benché meno scorrevole, e quella di L. Da Ponte, il quale esprime il suo enorme talento riproducendo anche la terzina dantesca, pur sfavorendo la dizione e il gergo originali, facendo acquistare all'opera un dettato più simile a quello del narratore suggerito, ovvero Dante - tramite una scuola più vicina al Petrarca che alle libertà desunte dal romanticismo in corso. Venendo infine al testo in sé, bisogna riconoscere il brillante ed edulcorato spunto promosso da Byron, e l'incredibile scorcio storico che ci da di un epoca febbrile e attestata da enormi rivoluzioni, sia politiche che letterali: vediamo, con questo testo, il primo esperimento di commutare figure storiche e amate alla causa risorgimentale, moda che prevarrà fino alla seconda metà dell'800, con ulteriori esempi indagati da massimi esponenti come Verdi, Carducci e più.
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