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Anno edizione: 2017
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E' una delle migliori opere di narrativa che ho letto negli ultimi anni (e mi fa piacere che - in apertura della sua presentazione sul Domenicale del Sole 24 Ore del 16 luglio - Roberto Carnero abbia scritto "più leggo Laura Pariani più mi convinco che sia una degli scrittori italiani più importanti di questi ultimi decenni"). Il singolare titolo nasconde un delicatissimo Bildungsroman in cui - nella deprivata campagna lombarda degli anni Cinquanta - una bambina fra i sei e i dieci anni scopre l'inquietante e talvolta crudele mondo degli adulti e riesce in parte a salvarsi dalla sua indifferenza e dalla sua violenza grazie alla passione per la lettura e per la scrittura, al costante confronto con l'immaginario suo doppio Bambina Bis, a un'intensa e immedesimata partecipazione ai film di Stanlio e Ollio e ad alcune serie televisive per ragazzi, a una - clandestina, riprovata e punita - frequentazione del cinema di un vicino paese in compagnia di ragazze più grandi. "C'è sempre, nella scrittura di Laura Pariani, la necessità di perseguire attraverso la narrazione un’indagine morale profonda, entro la quale l’autrice si pone come una sorta di anima interrogante, così da poter mettere a fuoco, in una dimensione terragna e immaginifica al contempo, un ritratto potente e mai stereotipato dei suoi personaggi [...]" scrive Fulvio Panzeri su Avvenire del 7 luglio. Mi piace qui riportare anche la parte finale di una bella recensione di Ermanno Paccagnini su La Lettura del 9 luglio: "Un romanzo insieme tenero e duro, sorridente e crudele nel suo darsi in una sorta di prospettiva infantile cronologicamente rovesciata: di Bambina Noncomune che narra a distanza d’un sopravvivere e reagire a un mondo di menzogna e ipocrisia, cercando una propria via di libertà nella lettura, nell'invenzione e nella scrittura; pur entro una solitudine che però vive nel segno del «domani è un altro giorno» inteso non come «accettazione rassegnata dei fatti», quanto di reattività a un destino. E lo fa poggiando su un equilibrio linguistico ricco delle consuete saporose ricreazioni dal dialetto. Ma soprattutto su una lingua inventiva ricca d’immagini che animano e personificano con naturalezza gesti e natura. Facendo di questo romanzo uno dei vertici della sua storia di scrittrice."
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