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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2014
Anno edizione: 1989
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Il "Consiglio d’Egitto" è la ricostruzione romanzata di due fatti realmente avvenuti nella Palermo di fine Settecento: l’opera di falsificazione di antichi codici arabi (la cosiddetta "minzogna saracina") da parte del monaco Giuseppe Vella; e la congiura giacobina di Francesco Paolo Di Blasi, avvocato riformista ed illuminista. Le due vicende si intrecciano sullo sfondo di una Sicilia il cui contesto sociale stesso si fonda sulla falsificazione (“E la nostra società, che è di per sé impostura, impostura giuridica, letteraria, umana… Umana, sì: addirittura dell’esistenza, direi…”), e in cui pertanto l’impostura del monaco Vella appare come atto naturale ed inevitabile (“In realtà, se in Sicilia la cultura non fosse, più o meno coscientemente, impostura; se non strumento in mano del potere baronale, e quindi finzione, continua finzione e falsificazione della realtà, della storia… Ebbene, io vi dico che l’avventura dell’abate Vella sarebbe stata impossibile…”). E in una società dominata dal potere mondano di baroni e principi, che appunto con la falsità e la mistificazione storica legittimano il proprio potere, la più grande illusione si rivelerà proprio quella di chi, come Di Blasi, pensa di poter riformare le istituzioni del regno ed abbattere i privilegi dell’aristocrazia, sostituendoli con uno stato di diritto. Saranno pure passati secoli e mutati gli attori, ma il retroterra culturale e sociale non sembrano poi cambiati così tanto. La solita penna secca, colta, ironica. Il ricorso alla storia per veicolare un messaggio fortemente attuale. Un altro bel romanzo di Sciascia.
La maestria di Sciascia nel raccontare e nel descrivere personaggi non ha bisogno di inutili descrizioni: basta dire che ognuno di noi deve leggere almeno uno dei suoi libri. Fatta questa premessa, questo racconto offre interessanti punti di riflessione su come, nel passato, fosse facile compromettere (o addirittura creare!) l'autenticità di testi antichi per piegarla alle necessità dei generosi (nell'apparenza) ed interessati (nella sostanza) mecenati che finanziavano la loro "restaurazione". È facile rivedere nella trama alcune caratteristiche dei mezzi di comunicazione e di diffusione culturale attuali: l'apparenza conta più della sostanza e la divulgazione della storia (sia quella con la S maiuscola sia quella più spicciola) non è che uno dei tanti strumenti a disposizione di chi ha il potere per influenzare la massa. CONSIGLIO: una lettura gradevole e stimolante che fornisce utili spunti di riflessione. Assolutamente consigliato.
Uno dei fulcri del romanzo risiede nella presa di coscienza, che Sciascia vorrebbe avvenisse nei suoi contemporanei, nonché nei nostri. Uno strumento efficace per farlo è la cultura. Emblematica è l’immagine dell’avvocato Di Blasi che, poco prima di essere arrestato, contempla i propri libri come a suggerire che la soluzione risiede proprio in essi: leggere per conoscere, conoscere per comprendere e comprendere per poi agire. Quindi Di Blasi, pur essendo stato torturato e annientato come uomo, ha ancora fiducia nel futuro “mondo illuminato dalla ragione”, in cui sarebbero trionfate la giustizia, l’uguaglianza, l’umanità. Ma questa estrema speranza sembra stridere con il presente di Sciascia e con il nostro. Il desiderio di distruzione e di potere, l’invidia degli uomini, tessono un’inesauribile trama tra il passato e il presente tanto che, nonostante i progressi che sono stati raggiunti, la situazione mondiale attuale, ancora dominata da terrorismo, torture, guerre, ingiustizie, libertà violate, ci mostra come sia ancora lunga e problematica la strada necessaria per comprendere quanto il male sia davvero dannoso. Ma opere di denuncia come quelle di Sciascia, opere che illuminano la mente, possono contribuire a velocizzare questo processo.
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