L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Vincitore della 6ª edizione del premio letterario Fondazione Megamark - Incontri di Dialoghi, 2021
«Compie un grande salto di qualità Maddalena Fingerie con questo suo Lingua madre, Premio Calvino 2020, rispetto ai racconti che era venuto pubblicando su varie riviste, e in particolare a Emme come Marta, nel quale già si provava nella tecnica narrativa e nel ritmo qui adottati» - Ermanno Paccagnini, la Lettura
Paolo Prescher, bolzanino di lingua italiana, è ossessionato dalle parole che si sporcano. Dopo la morte del padre, si trasferisce a Berlino dove lavora come bibliotecario. Ma il ritorno a Bolzano, al bilinguismo, e la nascita del figlio lo fanno ripiombare tragicamente nella mania della lingua.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Paolo Prescher, profezia sotto forma di anagramma, parole sporche. Le parole non possono mai essere neutre, portano addosso l’odore e il sapore delle cose che indicano; solo le lettere in cui le scomponiamo sono capaci di dirci la verità, non le parole. “Le parole sono importanti” dice una frase che, ormai, siamo abituati a ripetere come un mantra, provando il pruriginoso desiderio di prendere a schiaffi chi è capace di usarne di sporche. Si potrebbe approfondire il tema del λόγος (chi parla male, pensa male, l’incapacità di trovare parole adeguate ai propri pensieri si tramuta in dolorosa frustrazione), cercando dimora nella nomenclatura delle cose. Ma il percorso lungo il quale ci conduce fino a fagocitarci la Fingerle è diverso. Sono le parole a guidarci in un inscindibile nesso tra suono e senso. In un’ininterrotta esperienza sinestetica quando una parola si sporca si contamina e le macchie intaccano i pensieri, con un meccanismo difficilmente reversibile. È questa la storia che ci narra la Fingerle, quella di Paolo, con una madre che gli sporca la lingua e con un padre che tace (non è muto, non è afasico, sta semplicemente in silenzio). Prosegue la sua formazione con il peso della lingua madre di chi ha detto prima “parola” di “mamma”, scontando l’intolleranza nei confronti della lingua materna, con il tormento di un senso di colpa che scava dentro di lui, incapace di trovare parole pulite per salvare il padre. Una fuga dalla borghese e ipocritamente multilingue Bolzano per la libera Berlino e un nostos che non è un ritrovare luoghi perduti, ma l'illusione di vedere con occhi nuovi ciò di cui già si conosce il nome. Fino al punto di non ritorno, quando le parole, che invano si è tentato di mondare per consegnarle purificate a chi sentiamo il bisogno di proteggere, ci piombano addosso come una valanga, un’ossessione assordante, che gli fa perdere il controllo, verso una pulizia sempre più estrema, ma non salvifica.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore