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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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Forse in nessun autore del Novecento il rapporto fra l'opera e la vita, il «vissuto» e il «poetato» è così stretto e, insieme, inafferrabile come in Walter Benjamin.
«I ricordi, anche i più estesi, non sempre costituiscono un'autobiografia. E questa di certo non lo è, nemmeno per quanto riguarda gli anni berlinesi, di cui qui solo mi occupo. Infatti un'autobiografia ha a che fare con il tempo, con una sequenza, e con ciò che costituisce il flusso continuo della vita. Qui invece in questione c'è uno spazio, ci sono momenti e discontinuità. Poiché anche se qui fanno la loro comparsa mesi e anni, ciò avviene solo nella forma che assumono nell'attimo della rievocazione»
La raccolta esaustiva di tutti i suoi testi di carattere autobiografico che questo libro propone (dai curricula vitae ai diari, dagli appunti di viaggio ai testi narrativi come Cronaca berlinese) è, per questo, tanto più indispensabile quanto più sembra lasciarci inappagati, quasi che il velo che l'autore ha inteso stendere sulla sua biografia s'infittisse nella misura esatta in cui egli prova a raccontarcela nei suoi più minuti particolari. Nel prologo a Infanzia berlinese, Benjamin ci informa che, richiamando alla memoria i suoi ricordi infantili, ha voluto servirsene come una vaccinazione contro la nostalgia. I tratti biografici si ritirano così nell'ombra e lasciano il posto alle «immagini in cui l'esperienza della grande città si sedimenta in un bambino della classe media». I ricordi più intimi e personali, i sogni, la ricorrente tentazione del suicidio, le amicizie, gli amori sono così lo specchio in cui si riflette il ritratto di un'intera epoca e di un'intera società. E forse da nessuna parte Benjamin ci ha lasciato il suo autoritratto come in un appunto della metà degli anni trenta: «Soluzione dell'enigma: perché non riconosco nessuno, perché confondo tra di loro le persone? Perché io stesso non voglio essere riconosciuto, perché io stesso voglio essere confuso con altri». Giorgio AgambenIndice
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