Per quello che riguarda l'aspetto musicale, in questo disco abbiamo un'attitudine low-fi sfruttata in maniera molto intelligente, con un largo uso di un'elettronica povera, spinta verso distorsioni e insistenze, priva di delicatezza ma molto calda e coinvolgente. I brani si caratterizzano per una lunghezza straordinariamente variabile e per una sostanziale indifferenza verso il modulo strofa/ritornello soppiantata da un flusso continuo attraverso il quale musica e testi travologno l’ascoltatore mettendolo al muro con grande energia. I testi ben si adattano a queste musiche: ironici, caustici, a volte cinici, visionari, costruiti più per accumulazione di senso che per narrazione orizzontale, non si nascondono dietre le tendine della propria cameretta, ma escono all’esterno per provare ad esprimere pezzetti del mondo che attraversiamo tutti i giorni. L’apertura con “Summer on a spiaggia affollata” è perfettamente paradigmatica dei pregi di tutto il disco: frase di chitarra, effetti elettronici, cantato compresso e il tutto reso ammaliante da una circolarità ipnotica (con deliziosa coda psichedelica). Tra i brani che seguono segnalo il ritratto della pancia del paese in “Il boogie dei piedi“, tutto giocato sulle sovraincisioni di varie voci, la (più o meno) ballata “Il corpo del reato“, testo logorroico dedicato alle miserie della provincia italiana e la musica che sa incattivirsi con delicate rasoiate di organo e una ritmica elettronica capace di sottolineare ottimamente il testo e il modo in cui viene cantato, l’electro-tribalismo di “Grandi magazzini pianura” con un testo ai limiti dell'invettiva, gli angoscianti ritratti di “Torino pausa pranzo“, con elettronica ripetitiva a sostenere voce e percussioni, e di “Il sesto stato“, più quieta ma non meno coinvolgente, l’elettronica stile Boards of Canada de “Il ciccione“, dall’intrigante testo metaforico, e poi il capolavoro del disco, “La macarena su Roma“, brano enorme, ben oltre i 9 minuti, cronaca spietata delle ossessioni piccolo borghesi, su una musica circolare e stratificata, con una ritmica angosciante e campionamenti televisivi assortiti. Oltre i brani citati vanno segnalati anche alcuni siparietti strumentali e l’interessante teatro radiofonico de “I superstiti“. 12 ottime tracce, di quelle che ci danno ancora speranza per il futuro della canzone italiana.
