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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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Charles, un giovane dalla vita triste e solitaria, colorita da un grande interesse per i progressi tecnologici e una smodata ammirazione per Alan Turing, decide di investire tutti i suoi risparmi nell’acquisto di Adam, una macchina dalle sembianze umane. McEwan trasporta il lettore in un 1982 “alternativo”, in cui i robot sono a un passo dal vivere in mezzo agli uomini, con la finalità di sostituirli. Ma se le macchine sono state inventate per funzioni manuali, diverranno sempre più simili alle persone, fino a sfuggire al controllo umano. Da mere braccia, a cervelli pensanti, ad anime turbabili: l’autore descrive l’incredibile sviluppo degli androidi, un pretesto per riflettere su due temi fondamentali. Anzitutto il sé, la sua definizione ed evoluzione. Ma anche il mondo che ci circonda: la realtà parallela che crea è per certi aspetti pericolosamente simile a quella attuale e il testo suona come un monito ad agire. La mia recensione completa: https://chiaracls.altervista.org/macchine-come-me-ian-mcewan/
McEwan approccia il tema dell’intelligenza artificiale dal lato umanistico, privilegiando le questioni relazionali ed etiche. Non che gli manchino conoscenze scientifiche: tra le pagine si disserta di teoria della complessità computazionale e machine learning, di reti neurali e fisica quantistica. L’attenzione però non è sul modo in cui il cervello di Adam è stato costruito, ma sulla sua mente, sulla possibilità che emerga una coscienza di sè, frutto di una programmazione di base su cui si innestano apprendimento ed esperienza. L’esistenza umana non si ferma certo alla teoria dei giochi: gli scacchi sono un ambito delimitato da regole precise, mentre il vivere sociale richiede abilità comunicative ed interpretative che un bambino acquisisce meglio di quanto forse possa fare un androide. Senza contare l’esperienza del male e del dolore, tanto sconcertante da condurre le menti artificiali ad una sorta di suicidio. La trama della vendetta che scorre tra I capitoli, dando un tocco di mistero al romanzo, è l’elemento che porta alla resa dei conti. Adam è l’immagine perfezionata in cui gli artefici umani si specchiano: a lui compete un’etica rigorosa ed assoluta, la cui applicazione può essere sorprendentemente dura per esseri imperfetti, abituati al compromesso. McEwan si tiene lontano dagli stilemi della sf e sceglie come ambientazione un retro-futuro ucronico su cui proietta le tendenze del presente, giocando coi destini di vari personaggi storici, a partire da Turing, padre degli studi sull’IA, cui viene concessa una seconda vita letteraria quanto mai intrigante. Come recita l’ultimo haiku di Adam, la stagione dell’avvento delle IA promette a loro la primavera, a noi umani l’inverno. Non è necessariamente una condanna: la convivenza forse porterà a una forma di post-umanesimo ancora da immaginare. Il presente intanto conferma che McEwan è un grande scrittore, un eccellente romanziere che attinge la sua materia dall’imperfetta e cangiante esistenza umana.
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