Maigret per me è una certezza in quanto nei momenti in cui mi è più difficile leggere per i tantoi impegni, o quando ho bisogno di un libro leggero ma che mi sappia regalare qualcosa, ne apro uno e ritrovo la città, il Quai des Orfevres e tutto il mondo di Maigret. Piacevole come sempre. Un episodio forse tra i migliori della serie Maigretin cui il commissario è alle prese con l'omicidio del gestore di alcuni locali osée di Parigi. Maigret stavolta è come un mastino: mai come stavolta Simenon trascina il lettore a identificarsi con il commissario, con la sua rabbia e la sua amarezza.
Maigret perde le staffe
Non capita spesso che Maigret perda le staffe. In genere (lo sanno bene i suoi fedeli lettori) conserva sempre quella sua aria un po' torpida, quasi ottusa, e la sua imperturbabile calma. Con un certo tipo di colpevoli, poi, può anche dar prova di una personale, benigna indulgenza. Altri, invece, suscitano in lui un disprezzo irrefrenabile, e a volte un furore micidiale. Ed è appunto ciò che accadrà allorché, dopo aver brancolato nel buio per un po', il commissario si troverà di fronte l'assassino di Emile Boulay, detto il Bottegaio. Un omicidio che fin dal primo momento gli è sembrato anomalo. Innanzi tutto perché chi ha ucciso ha tenuto nascosto il cadavere per più di quarantott'ore prima di abbandonarlo su un marciapiede. E poi perché Emile è stato strangolato: e in genere negli ambienti della malavita si usa la pistola, o al massimo il coltello. Lo stesso Boulay, del resto, era un personaggio anomalo: proprietario di vari night-club, doveva il suo soprannome al modo in cui gestiva gli affari: "Non è mica perché uno si guadagna la vita facendo spogliare le donne che dev'essere per forza un gangster... Sono un commerciante rispettabile, io..." usava dire. Chi poteva aver interesse a uccidere un uomo così ligio, così attento alla propria reputazione?
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Autore:
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Anno edizione:2008
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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ENRICO MELODIA 16 maggio 2018
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Si è detto più volte che la soluzione dell'enigma spesso non è fra i maggiori motivi d'interesse delle inchieste di Maigret. Non lo era, verosimilmente, per Simenon allora, e non lo è per il lettore appassionato oggi, sedotto volentieri, invece, da atmosfere uniche e personaggi indimenticabili. Ecco, proprio per atmosfere e personaggi, questo "Maigret perde le staffe" (ma perché non lasciare l'originale "La collera di Maigret"?) pare uno dei romanzi più suggestivi fra quelli con protagonista il popolare commissario. Un bellissimo Maigret, un po insolito, un Maigret, arrabbiato, indignato. Probabilmente a Simenon non piacevano gli avvocati. L'assassinato, il padrone di un locale di spogliarelli, si rivela una brava persona, il vizio diventa virtù e il legale in fondo è un bandito, anche se alla fine c'è un po di pietà anche per lui.
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Renzo Montagnoli 02 settembre 2014
Èmile Boulay, ex cameriere sui transatlantici, ha costruito un piccolo impero di locali notturni a Montmartre, un tipo equivoco verrebbe da pensare, che prospera grazie agli spogliarelli e chissà a quali altri affari, ovviamente poco puliti. E invece no, conduce una vita tranquilla, casa e lavoro, stimato e rispettato da tutti, un uomo che tiene al suo buon nome, che riga dritto e che denuncia al fisco fino all’ultimo centesimo. Un giorno non rincasa e il cognato, un italiano, pure lui bravo e di antico stampo, teme che sia stato rapito. Il corpo di Emile sarà ritrovato una notte e due giorni dopo la sua scomparsa, in avanzato stato di decomposizione, visto il caldo di quel giugno a Parigi. Il cadavere è in una zona diversa da quella in cui l’uomo era stato visto l’ultima volta, in una strada chiusa di un quartiere residenziale e nei due giorni precedenti non era lì. Una circostanza quindi ben strana e ancor più strane sono le cause della morte, avvenuta per strangolamento, un metodo che in quegli ambienti equivoci non è mai utilizzato, perché lì si viene ammazzati o con una coltellata o con una o più pallottole. Maigret, come al solito, all’inizio brancola nel buio fino a quando non ha un’intuizione, peraltro non suffragata nemmeno da indizi, e su quello straccio d’idea conduce l’indagine, che solo alla fine conferma l’infallibile fiuto del commissario, grazie alla scoperta di un movente che lo fa andare in bestia, che gli fa perdere le staffe, ma, buon per lui, il colpevole finirà per togliersi la vita prima ancora della fissazione della data del processo, che finirà con l’essere un procedimento giudiziario quasi burocratico e, soprattutto, non pubblico. Così, Maigret ritroverà la consueta calma, ora che giustizia doppiamente è fatta. Maigret perde le staffe è, a mio avviso, uno dei più bei gialli scritti da Simenon. Incalzante dalla prima all’ultima pagina procede a passo di carica in una nebbia che di dirada molto lentamente e che lascia lo spazio alla luce solo alla conclusione. Come al solito ambientazione, atmosfera e personaggi sono resi in modo impeccabile, contribuendo all’autentico piacere che prova un lettore teso a pervenire il più presto possibile alla verità, proprio come il celebre commissario.
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