Memorie dal sottosuolo
Un uomo schivo, vile, che sopravvive a stento senza il sostegno di amici e senza riconoscimenti di nessun tipo, né a livello personale, né lavorativo, racconta di sé. Lui è in contrasto permanente con la società, e dal suo sottosuolo la osserva, la critica, anche se a volte desidera farne parte. Il più delle volte però si autocensura e si rifugia nel suo mondo sotterraneo popolato di fantasie sfrenate e deliranti che si alternano a stati di risentimento estremo, avallato dalla consapevolezza che la sofferenza è insita nell’essere umano pensante, e che per lui non c’è scampo. Questo anti-eroe, però, qualche piccola soddisfazione se la prende, tormentando meschinamente ma senza nessuna soddisfazione, chi occupa una posizione sociale ancora più bassa della sua, ed è questo il solo modo di rapportarsi con gli altri che la sua natura gli consente. Scritto nel 1864, in un periodo buio della vita dell’autore, questo romanzo stupendo e incredibilmente vivace, nonostante racconti di nevrosi e follia, è frutto del vissuto di quegli anni difficili, che ispirano Dostoevskij nel ritrarre l’indimenticabile protagonista di questo imperdibile capolavoro. Fëdor Michajloviç Dostoevskij proveniva da una famiglia aristocratica decaduta, e rimase orfano di madre all’età di 16 anni. Il padre lo iscrisse allora alla scuola del genio militare di Pietroburgo, anche se le sue attitudini erano letterarie, cosi dopo il diploma, rinunciò alla carriera militare e iniziò a scrivere. Le critiche furono subito positive, e la sua professione iniziava a dargli soddisfazione quando, nel 1849, fu condannato a causa delle sue frequentazioni socialiste a quattro anni di lavori forzati in Siberia. Furono quelli anni durissimi, tormentati tra l’altro dall’epilessia, che tuttavia lo ispirarono nella stesura di nuovi romanzi. Nel 1861 Dovstoevskij cominciò la propria attività giornalistica, sfortunata e osteggiata dalle autorità, e la sua vita personale non andò molto meglio: perse moglie e figlio e rimase solo. Nel 1866 scrisse il suo capolavoro: "Delitto e castigo", e l’anno successivo sposò la sua stenografa. Visse all’estero circa cinque anni e in quel periodo scrisse "L’idiota", storia della sconfitta di un uomo «assolutamente buono». Tornato in Russia, pubblicò nel 1873 "I demoni" e iniziò a collaborare con un periodico locale. L’ultimo romanzo, "I fratelli Karamazov", fu scritto tra il 1879-80. Lo scrittore era ormai famoso quando, improvvisamente, fu colto dalla morte il 9 febbraio 1881.
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