Mi chiamo Ugo - Massimo Bertarelli - copertina
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Mi chiamo Ugo
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Descrizione


Ugo Marini, ingegnere sessantaduenne, caduto in disgrazia per colpa di un socio disonesto e dell'accanimento del destino nei suoi confronti, è diventato un clochard e vive a Monza da quindici anni. Rispetto a tanti nelle sue condizioni, però, ha sempre mantenuto i contatti con il mondo circostante grazie alla passione per la lettura e l'onomastica. Una notte, mentre sta dormendo sotto il portico dell'Arengario, qualcuno gli getta contro una molotov.

Dettagli

1 gennaio 2015
166 p., Brossura
9788869840500

Valutazioni e recensioni

  • Ho appena finito di leggere il libro: una piacevolissima scoperta! E' stato bello assaporare gli angoli della mia amata Monza con occhi diversi...con occhi speciali come lo è il protagonista, Ugo. Complimenti per la delicatezza e profondità!

  • Ieri ho finito di leggere il tuo romanzo: l'ho trovato molto ironico e divertente, nonostante i temi da te trattati siano di un certo "peso"... Inizialmente ho pensato a una mancanza di coerenza tra il contenuto e il tipo di linguaggio da te usato; in seguito, però, mi sono dovuta ricredere perché è il personaggio della tua storia che ha quelle caratteristiche (senso dell'umorismo, ironia, da non confondersi con la superficialità o l'eccessiva leggerezza). Complessivamente un bel romanzo, una bella storia... con un lieto-fine un po' forzato, ma che tutto sommato ci sta! Bravo!!! Maria

  • Una scarpa vecchia in primo piano, e accanto, un cartello: «Da Ugo 1 euro per la storia del vostro nome». Sullo sfondo, un monumento. Questa la copertina, originale e naïf, di Mi chiamo Ugo, romanzo altrettanto originale e a suo modo naïf di Massimo Bertarelli, a cavallo fra il poliziesco, il racconto umoristico, la denuncia sociale e il ritratto d’ambiente. Ugo, il protagonista nonché proprietario della scarpa è un barbone… No, non è il termine esatto, perché Ugo ci tiene al proprio aspetto. Diciamo piuttosto che è un senza fissa dimora, uno come tanti a cui la vita non ha voluto bene. Una persona normale, con un buon lavoro e una bella famiglia, che dopo aver perso tutto reagisce nel solo modo che gli sembra possibile: quello di andarsene, di abbandonare ogni cosa, per dimenticare e dimenticarsi, per ricacciare in fondo al cuore la bestia, i ricordi del passato, tanto dolci quanto dolorosi. È questo che Ugo sceglie di fare, se di scelta si può parlare. Se ne va, lascia casa e città e ricomincia una vita ai margini raggiungendo un personale equilibrio, accontentandosi di quel poco che il suo “lavoro” di affabulatore e la carità della gente gli possono offrire. Non chiede nulla, accetta grato i doni e non dà fastidio a nessuno. Ha il suo orgoglio Ugo, la sua rispettabilità che rivendica con fierezza. Ci tiene a differenziarsi dagli altri emarginati, da chi si è lasciato andare, da chi vive di espedienti, da chi ha rinunciato alla propria dignità di persona, e si sorprende quando vede negli occhi dei passanti un’immagine di sé che non riconosce. In realtà, Ugo non si è mai allontanato dal consorzio umano. Ha continuato a leggere, a osservare ciò che lo circonda e a relazionarsi con gli altri, e quando nota qualcosa di strano per le strade della città, scatta in lui il riflesso del buon cittadino. Si improvvisa detective con conseguenze impreviste, aprendo così la strada a nuove possibilità, forse a una vita nuova. Prima però dovrà fare i conti col proprio passato e liberarsene per quanto gli sarà possibile, perché certe ferite non guariscono mai. Non so se nella realtà esistano clochard benvoluti da tutti come il protagonista di questa storia, ma è certo che Ugo sa farsi voler bene. E soprattutto è un personaggio vivo, che esce dalle pagine con la sua ironia e autoironia, le sue chiacchiere, i suoi modi di dire, la sua occasionale irriverenza. Un personaggio a strati, morbido sotto quella scorza che faticosamente, cocciutamente si è costruito in anni di vita ai margini ma senza mai lasciare quella che è diventata la sua città di adozione. Perché la seconda grande protagonista di questa storia, dopo Ugo, è Monza, ritratta con pennellate precise e pittoresche con il suo Parco Reale, i suoi pensionati, i suoi podisti e soprattutto con la sua storia, i suoi monumenti, i mercati affollati di indigeni e di immigrati ormai monzesi anche loro, e anche con le sue nuove povertà e il suo malaffare, sotto gli occhi di tutti eppure così difficili da affrontare. Mi chiamo Ugo, secondo romanzo di Massimo Bertarelli dopo Il fosso bianco, è un libro breve, scorrevole, fresco, dallo stile immediato e dal linguaggio colorito e colloquiale che ben si adatta alla narrazione al presente in prima persona, in presa diretta. Un romanzo che diverte e che fa pensare, che aiuta a vedere con occhi più consapevoli realtà tanto dolorose quanto comuni nelle nostre città. Ed è quello che Ugo, penso, più di tutto si augura.

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