Microgrammi
Uno scrigno segreto, che schiude un universo letterario anarchico e stupefacente.
«Questo paesaggio innevato lo vorrei grazioso. E spero che andrà così. Aveva appena fioccato, e la neve, nonostante una certa morbidezza, era ancora piuttosto compatta. C’è aria di virtù in me, adesso. Voglio essere gentile con le persone, ma a patto di poter magnificamente rinunciare a tutti quanti. Voglio essere buono, ma non troppo. Guardate qui, che regole. Mentre scrivo queste righe, mi sento quasi luminoso, chiaro, avvolto in uno strato sottile, in un velo di eccellenza, un po’ come una pagnottella messa in forno per esser cotta. Penso che in futuro mi accontenterò di poco. La mancanza di pretese è un’arma, forse una delle più splendide che ci siano».
«Difficilmente potrà evitare l’equivoco totale su Walser chi non riconosca che ogni sua parola sottintende una precedente catastrofe». - Roberto Calasso
Quando morì, dopo oltre vent'anni trascorsi nella clinica psichiatrica di Herisau, Robert Walser lasciò dietro di sé una vecchia scatola da scarpe: conteneva lettere, cartoline, foglietti di ogni genere, buste e ricevute di pagamento, sui quali aveva tracciato minuti colpi di lapis. Che cosa si nascondeva dietro quella micrografia all'apparenza impenetrabile, ultimo mistero trasmessoci dal «più solitario fra tutti i poeti solitari», come lo definì Sebald? Pazientemente decifrati e qui presentati per la prima volta in italiano, i Microgrammi racchiudono un universo letterario anarchico e ingannevole, in cui prosa e versi, scarabocchio e fiaba si confondono, e ogni parola, ogni frase, ogni racconto, si mescola alla chiacchiera. Eppure, chi vedesse questi minuscoli geroglifici come lo sbocco della sua follia capirebbe molto poco di Walser. La follia, semmai, è quello che precede tutta la sua opera, e che essa deve celare. «Mi aleggia sulle labbra qualcosa che in genere non si dovrebbe mai permettere alle labbra di pronunciare, sicché riconosco di appartenere al vastissimo gruppo di quei chiacchieroni che, oralmente o per iscritto, assicurano di essere discreti» scrive in queste pagine – e si ha l'impressione che se smettesse di chiacchierare per lui sarebbe la paralisi. Quelle chiacchiere hanno una funzione protettiva. I suoi personaggi escono dalla notte, «là dove essa è più nera, una notte veneziana» ha osservato una volta Walter Benjamin – e in quella notte devono ritornare, come il Minotauro al centro del labirinto.
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