I miei giorni a Parigi - Banine - copertina
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Letteratura: Armenia
I miei giorni a Parigi
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Descrizione

Dolceamaro romanzo di formazione di una fenomenale ragazza del Novecento, ritratto di un’artista da giovane, I miei giorni a Parigi riconferma il talento di una scrittrice di razza, «una voce così vivida che sembra impossibile sia stata dimenticata» - Evening Standard.


Libera, follemente libera, vuole essere Banine, e ora può esserlo: arrivata su un treno sferragliante nella Parigi delle mille luci con in testa il çarşaf, il mezzo velo indossato dalle donne turche, e un tailleur all’ultima moda solo nelle strade di Tashkent, ora può finalmente essere tutto ciò che vuole. Dopo anni di matrimonio forzato, contratto quando era quindicenne, e di esilio nel Caucaso, Banine nella capitale francese ricomincia a vivere: può tagliarsi i capelli, tagliare l’orlo della gonna, stare fuori fino a tarda notte nella girandola dei caffè e dei locali. La giovane guarda la città con gli occhi di un’innamorata, eppure non tutto nella sua vita è altrettanto entusiasmante: la ricchezza di famiglia si va assottigliando, e questo la costringe a impiegarsi come mannequin, nonostante i fianchi generosi e le «rotondità mal posizionate». Ma ogni difficoltà, ogni difetto viene ripagato da Parigi, che negli anni Venti è davvero una città sfavillante, resa viva da esuli cosmopoliti che si ritrovano in questa festa perenne. Così Banine diventa amica di intellettuali e artisti, incontra l’oppio, si scontra con la propria religione, affronta il faticoso lavoro di scoprire, giorno per giorno, fra disperazione e ironia, la propria identità. E, non da ultimo, l’amore. Prefazione di Valentina Maini.

Dettagli

22 novembre 2024
288 p., Brossura
Jours parisiens
9788854529335

Valutazioni e recensioni

  • ormos

    I miei giorni a Parigi prende le mosse da I miei giorni nel Caucaso. Se nel primo romanzo l'autrice vive nel mondo musulmano aspirando al moderno occidente,  nel secondo finalmente vi è approdata, pur con un retaggio culturale da cui è difficile affrancarsi("Se è vero che l'Islam non esisteva più attivamente nella mia vita, vi era pur sempre un elemento che a esso mi legava inconsapevolmente, come un cordone ombelicale: il fatalismo"). Banine cerca di introdursi nella vivace Parigi, e l'arrivo della cugina Gulnar - una giovane determinata a tutto pur di conseguire un matrimonio conveniente - sembra facilitarla nell'obiettivo ("Rinnegavo il mio passato con una facilità, una brutalità di cui ero la prima a stupirmi"). Banine si lega ad un uomo molto ricco ma in fondo grezzo e verso cui non prova amore, e questa situazione si protrae fino al punto da esacerbare ("di colpo mi parve tutto assurdo come un sogno assurdo: cosa ci facevamo in quella provincia francese in cui stonavamo, con quel retrogusto di Islam che aleggiava ancora intorno a noi e che i pochi anni che ci separavano dal Caucaso non avevano ancora scacciato?"). Banine è colta da una profonda nostalgia della vita nel Caucaso, mentre Gulnar è toccata da un fortunato fidanzamento "all'occidentale" ("Quant"era difficile accettare la sconfitta; difficile aprire le braccia per abbracciare il vuoto; difficile vedere, dal proprio deserto, altri raccogliere ricche messi. Bisognava dunque rinunciare all'impossibile, quando solo l'impossibile dava un senso alla vita?"). Sprofondare o risollevarsi? Le ultime pagine, dense di riflessioni, sciolgono per noi lettori questa riserva. Libro meno intenso del precedente, ma di qualità narrativa. Voto 3,5 arrotondato in eccesso.

Conosci l'autore

Foto di Banine

Banine

1905, Baku

All'anagrafe Umm-El-Banine Assadoulaeff, dopo la Rivoluzione russa e la successiva caduta della Repubblica Democratica dell’Azerbaigian, Banine fu costretta a fuggire dalla sua terra natale, prima a Istanbul e poi a Parigi. A Parigi conobbe e frequentò Nicos Kazantzakis, André Malraux, Ivan Bunin e Teffi. I miei giorni nel Caucaso (Neri Pozza, 2020) è stato pubblicato per la prima volta nel 1954, ottenendo un grande successo di pubblico e critica.

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