I miei giorni a Parigi prende le mosse da I miei giorni nel Caucaso. Se nel primo romanzo l'autrice vive nel mondo musulmano aspirando al moderno occidente, nel secondo finalmente vi è approdata, pur con un retaggio culturale da cui è difficile affrancarsi("Se è vero che l'Islam non esisteva più attivamente nella mia vita, vi era pur sempre un elemento che a esso mi legava inconsapevolmente, come un cordone ombelicale: il fatalismo"). Banine cerca di introdursi nella vivace Parigi, e l'arrivo della cugina Gulnar - una giovane determinata a tutto pur di conseguire un matrimonio conveniente - sembra facilitarla nell'obiettivo ("Rinnegavo il mio passato con una facilità, una brutalità di cui ero la prima a stupirmi"). Banine si lega ad un uomo molto ricco ma in fondo grezzo e verso cui non prova amore, e questa situazione si protrae fino al punto da esacerbare ("di colpo mi parve tutto assurdo come un sogno assurdo: cosa ci facevamo in quella provincia francese in cui stonavamo, con quel retrogusto di Islam che aleggiava ancora intorno a noi e che i pochi anni che ci separavano dal Caucaso non avevano ancora scacciato?"). Banine è colta da una profonda nostalgia della vita nel Caucaso, mentre Gulnar è toccata da un fortunato fidanzamento "all'occidentale" ("Quant"era difficile accettare la sconfitta; difficile aprire le braccia per abbracciare il vuoto; difficile vedere, dal proprio deserto, altri raccogliere ricche messi. Bisognava dunque rinunciare all'impossibile, quando solo l'impossibile dava un senso alla vita?"). Sprofondare o risollevarsi? Le ultime pagine, dense di riflessioni, sciolgono per noi lettori questa riserva. Libro meno intenso del precedente, ma di qualità narrativa. Voto 3,5 arrotondato in eccesso.
I miei giorni a Parigi
Dolceamaro romanzo di formazione di una fenomenale ragazza del Novecento, ritratto di un’artista da giovane, I miei giorni a Parigi riconferma il talento di una scrittrice di razza, «una voce così vivida che sembra impossibile sia stata dimenticata» - Evening Standard.
Libera, follemente libera, vuole essere Banine, e ora può esserlo: arrivata su un treno sferragliante nella Parigi delle mille luci con in testa il çarşaf, il mezzo velo indossato dalle donne turche, e un tailleur all’ultima moda solo nelle strade di Tashkent, ora può finalmente essere tutto ciò che vuole. Dopo anni di matrimonio forzato, contratto quando era quindicenne, e di esilio nel Caucaso, Banine nella capitale francese ricomincia a vivere: può tagliarsi i capelli, tagliare l’orlo della gonna, stare fuori fino a tarda notte nella girandola dei caffè e dei locali. La giovane guarda la città con gli occhi di un’innamorata, eppure non tutto nella sua vita è altrettanto entusiasmante: la ricchezza di famiglia si va assottigliando, e questo la costringe a impiegarsi come mannequin, nonostante i fianchi generosi e le «rotondità mal posizionate». Ma ogni difficoltà, ogni difetto viene ripagato da Parigi, che negli anni Venti è davvero una città sfavillante, resa viva da esuli cosmopoliti che si ritrovano in questa festa perenne. Così Banine diventa amica di intellettuali e artisti, incontra l’oppio, si scontra con la propria religione, affronta il faticoso lavoro di scoprire, giorno per giorno, fra disperazione e ironia, la propria identità. E, non da ultimo, l’amore. Prefazione di Valentina Maini.
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Anno edizione:2024
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ormos 15 giugno 2025
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