I tramonti, con le prime ombre della sera che cala rasserenante, i lunghi silenzi, l’isolamento che consente la campagna sono tematiche che ricorrono nel poeta di San Benedetto, uomo che sente il respiro del fiume e della grande pianura e che ne reinterpreta le sensazioni che avverte il suo animo. Eppure, a fronte di tanta serenità, immancabile emerge il rapporto con la morte, lancinante ( Più d’una rete luceva sulle acque, / stillando il sole; di poi si sommergeva. / Ed era un giubilo d’allodole quando / al pescatore sotto riva emerse / il giovinetto da quel fondo, il corpo cereo. / Allora il pianto della madre ruppe in gridi / e quello muto d’altre donne dilagò / ed era greve. /….), o struggente ( Passo di viso in viso e ritrovo il fanciullo / che un crudo morbo mi tolse alla schiera / degli astuti nel gioco dei banditi. / Ha nelle mani il suo arco di robinia / ed è forato nel piede, mi conduce / sulla strada di un dolce ricordo. / / Ezio, mi senti? Sono io, / sono io qui venuto alla tua tomba / e t’ho portato un coccodrillo modellato / colle mani di allora. / / I veri amici sono morti ad uno ad uno / e chi da morte non mi chiama non ha il volto / che amavo, il volto dell’infanzia.) L’ultima poesia mi ricorda, per l’emozione che comporta, un’altra, a me particolarmente gradita, quell’Aquilone con la quale Giovanni Pascoli, nel cantare la morte giovinetto di un compagno, canta anche la morte della gioventù. Ebbene anche in Bellintani l’età, che tanti definiscono giustamente la più bella, non è vista con nostalgia o con rimpianto, ma solo come la fine definitiva di un periodo che infatti mai più potrà tornare. Uomo di pianura, anzi della terra in cui affonda le radici per cercare se stesso, il poeta di San Benedetto è tuttavia capace di trasmettere in versi il respiro della natura, la forza arcana della stessa, in una visione arcaica che credo non abbia eguali nella poesia del secolo scorso.
Nella grande pianura
Un'opera di insolito fascino, che in questo libro è proposta nella sua integrità, dagli esordi fino ai versi degli ultimi anni.
Maestro appartato e totalmente autonomo della nostra poesia novecentesca, Umberto Bellintani ha realizzato un'opera la cui originalissima evidenza cresce sempre più d'importanza e s'impone agli occhi di ogni attento lettore. Nel suo percorso appare netta quell'energia espressiva che riesce a far coesistere, nei movimenti di una pronuncia nobilmente impostata, elementi di una personale esperienza di vita, legata a eventi di varia natura, con formidabili aperture visionarie, passando da un profondo senso dell'arcano a immagini e presenze di una primitività dirompente. Una voce aspra, inquieta, la sua, ma sempre stilisticamente controllata, che passa dal racconto all'urlo, nei termini a volte di una particolarissima religiosità. In Bellintani agisce, increspando le pagine, il frequente slancio verso un senso anche misterioso di ciò che trascende la normalità del quotidiano, proponendo immagini di mitiche dimensioni, perfino di esotiche figure. Un'opera di insolito fascino, che in questo libro è proposta nella sua integrità, dagli esordi fino ai versi degli ultimi anni. Una raccolta completa la cui prima edizione, ancora vivente l'autore, fu pubblicata in questa stessa collana nel 1998 e già allora comprendeva anche poesie rimaste inedite tra le carte del poeta che, per un periodo di ben trentacinque anni circa, e nonostante le non poche richieste anche di autorevoli figure della poesia e dell'editoria, non aveva voluto uscire dal suo totale isolamento. L'edizione di Nella grande pianura che oggi riproponiamo è a sua volta arricchita da una ulteriore, significativa serie di testi ritrovati nelle carte private di un autore di cui Eugenio Montale aveva colto "le cadenze classiche", considerandolo poeta "fresco, pieno di fantasia e di sentimento".
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Anno edizione:2023
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Renzo 26 novembre 2023Canti della pianura
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