Scrittura elementare, fredda e impersonale; personaggi stereotipati in tutto e per tutto. Questi sono fatti. Le mie opinioni personali, ahimè, sono altrettanto negative: l'immancabile riferimento all'Olocausto potrebbe sembrarmi una scelta forte e coraggiosa se fossimo negli anni '50, ma dopo miliardi di tonnellate di libri ad esso dedicati comincia a puzzarmi di minimo sindacale. Della mia Trieste non ho trovato nulla se non le indicazioni stradali, ma su quest'ultimo punto ho buone possibilità di sbagliarmi, dal momento che il libro è tra i pochissimi che non sono riuscito a terminare. Se un esordiente senza il curriculum e le conoscenze della Sig.ra proponesse un lavoro del genere, dal punto di vista professionale verrebbe letteralmente fatto a pezzi. Mi sono emozionato di più nel leggere il foglietto illustrativo di una crema idratante.
Nessuno è innocente. Il primo caso del commissario Benussi
Chi era davvero Ursula Cohen, la signora dagli occhi di ghiaccio? E soprattutto: perché tutti la volevano morta? Ci sono molte cose che Ettore Benussi, commissario quasi in pensione della squadra mobile di Trieste, proprio non sopporta: i tipi che chiudono le telefonate con «ciaociaociao » ripetuto all'infinito; gli edifici anni Sessanta che rovinano l'urbanistica triestina; quella gran rompiscatole di sua figlia; la propria ingombrante pancia (motivo per cui ha appena cominciato, speranzoso, la dieta Dukan). E poi non tollera i casi complicati, e nemmeno quei due ragazzotti che lavorano con lui, gli idealisti e fin troppo zelanti ispettori Valerio Gargiulo, detto Napoli, ed Elettra Morin. È per questo che Benussi preferirebbe ritirarsi e scrivere, tra un sorso di grappa e l'altro, le vicende di un commissario che assomiglia a Montalbano. E invece no: sempre nuove gatte da pelare. Come il caso che tanto appassiona i suoi due sottoposti: la morte della vecchia Ursula Cohen, trovata senza vita nelle acque triestine. Per Benussi è chiaro, la signora è scivolata e annegata. Ma che ci faceva una novantenne a passeggio sulle Rive, in una notte di bora? E come mai - gli insinua il dubbio quella precisina dell'ispettrice Morin - chiunque la conoscesse ne ricorda solo l'infinita cattiveria, e sembra avere ottimi motivi per rallegrarsi della sua morte? Tutti tranne l'amica di una vita Renate Stein: la sola a sapere dell'orrendo segreto, vecchio di cinquant'anni, che Ursula Cohen si portava dentro? Alla sua prima prova, Roberta de Falco ci stupisce per l'eleganza e la sicurezza dello stile, regalandoci una storia immersa nell'atmosfera della città più ingannevole d'Italia, Trieste; un romanzo potente come quelli di Fred Vargas, spassoso e ironico come i gialli di Camilleri. E, soprattutto, ci consegna un nuovo commissario, il burbero, disincantato ma irresistibile Benussi. Un personaggio indimenticabile, che ritroveremo nei prossimi libri dell'autrice.
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GIULIO VOLPI 21 settembre 2018
Nonostante sia l'opera prima di Roberta De Falco, ho letto questo giallo successivamente a 'Bei tempi per gente cattiva' che in realtà costituisce la ...seconda puntata di questa che si preannuncia come la saga dell'ispettore Benussi. La cosa che più mi è piaciuta, in entrambi i casi, è l'intreccio che la De Falco riesce a costruire, con molti personaggi che incrociano i loro destini ma senza far perdere il ritmo della narrazione (la lista dei nomi, riportata all'inizio del romanzo, in qualche caso aiuta). Anche i collegamenti con vicende storiche sono coinvolgenti (la deportazione ebraica in questo caso e l'eccidio di Srebrenica nell'altro libro) tuttavia mi auguro che questi rimandi al passato non diventino un'abitudine. Quello che invece mi lascia indifferente è lo stile linguistico, povero dal punto di vista lessicale e non particolarmente brillante nella forma espositiva. Personalmente non gradisco molto nemmeno i richiami al dialetto triestino, ma questa è una questione di gusti. C'è pure il colpo di scena finale che peraltro ...non fa saltare sulla sedia.
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Buon esordio di Roberta De Falco, pseudonimo della sceneggiatrice Roberta Mazzoni. Nel frattempo la scrittrice è già arrivata al quarto romanzo della saga con protagonista il Commissario Benussi, ma il mio proverbiale ordine minuzioso e maniacale impone di partire dalla genesi, da dove tutto è partito. Indubbiamente "Nessuno è perfetto" è un buon giallo, con un intreccio articolato e complesso (Agatha Christie docet), impreziosito da una profonda introspezione sui personaggi, e dotato di un valore aggiunto di impagabile fascino: la location triestina. Le pagine scorrono veloci come un vento di Bora, qualche divagazione di troppo, francamente evitabile, non toglie comunque il piacere di una gradevole lettura. Il romanzo si inserisce nel filone del giallo classico all'italiana, sulla scia di de Giovanni e Camilleri, ma non cade nell'anonimato. Si avverte il preciso disegno editoriale di creare un progetto ad ampio target di vendite, ma la penna e il cuore della De Falco sembrano sentiti e sinceri. Promosso.
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