La Noce maga di Benevento estirpata da S. Barbato
«Sott'a l'acqua, sott' 'o viento, sott'a la noce 'e Beneviento» è una delle varianti dello scongiuro che le streghe avrebbero intonato nel mettersi a cavalcioni della scopa che le avrebbe condotte al sabba, nome che - secondo una ardita etimologia - deriverebbe dal fiume Sabato, nei pressi di Benevento, dove veniva celebrarto intorno a un noce. La storia, a differenza della leggenda, parla della sopravvivenza nella Benevento ducale del VII secolo, di un culto longobardo della vipera (per la precisione dell'anfisbena, serpente a due teste riprodotto anche a mo' di simbolo in alcune vedute della città). Tale culto fu definitivamente sradicato da san Barbato, che si incaricò di abbattere l'albero sotto cui si radunavano i Longobardi ancora pagani, riuscendo a convertirli alla vera fede. La vicenda ispirò al protomedico beneventano Nicola Piperno senior un trattato scientifico (Della superstidiosa Noce di Benevento) e a suo figlio Nocolò il presente dramma "La Noce maga di Benevento", pubblicato postumo nel 1682, che venne rappresentato a Benevento (1665) che a Roma (1666).
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