Un nome da torero

Il guerrigliero Juan Belmonte, cileno e dal nome che ricorda un famoso torero, viene strappato al suo esilio in Germania con un ricatto: ritrovare un cofanetto di monete antiche per poi potersi ricongiungere alla sua amata a Santiago, o essere arrestato e estradato, privando la donna del suo indispensabile sostegno economico. Il romanzo d’avventura con tratti di storia di spionaggio dà a Sepúlveda l’occasione di esprimere le sue idee in materia di attualità, o meglio quella che all’epoca della stesura del romanzo lo era: le dittature in Sud America e i desaparecidos, gli ideali traditi delle lotte dei sudamericani, la Germania nazista, la caduta del muro di Berlino, la riunificazione della Germania Ovest e della Germania Est. Le monete cercate dal protagonista e da altri personaggi diventano terreno di scontro non solo sulla legittima rivendicazione della proprietà, ma anche della morale dei due cacciatori principali, le cui storie personali sono narrate alla lettrice, o lettore, in modo che si formi la propria idea su di essi. Personalmente mi è piaciuto meno di altre sue opere: lo stile di Luis Sepúlveda e la sua abilità narrativa sono sempre affascinanti, ma la storia è a tratti lenta e i repentini cambi di punti di vista stancano un pochino. Eppure, in questo romanzo si trova tutto del suo autore: il narratore, il giornalista, l’attivista politico. Sicuramente è una lettura da non approcciare se si cerca un semplice romanzo d’avventura, ma da leggere se si cercano anche contenuti critici.