Novara Novecento. Saggiatore mensile illustrato darte, cultura, lettere e turismo, anno II, gennaio 1933
In 4 (cm 24,5 x 33,5), pp. 32 con illustrazioni nel testo. Brossura editoriale con bruniture al piatto anteriore. Numero del gennaio 1933 di questa rivista novarese. Dopo la chiusura della rivista "La Libra", Novara rimase priva di una pubblicazione specificatamente culturale. Per colmare tale lacuna, il marchigiano Alfio Coccia fondo', nella primavera del 1932, il bimestrale illustrato "Il Saggiatore", che poi cambio' nome dal quarto fascicolo divenendo "Novara Novecento". La rivista trattava vari argomenti - letteratura, arti figurative, cinema, arredamento, oggettistica, moda - con una particolare cura al ricco apparato iconografico e all'impaginazione, diversa da un numero all'altro, e con copertine su cui erano riprodotte opere di artisti italiani contemporanei. La rivista fu poi costretta a chiudere gia' alla fine del 1934 a causa dello scarso successo di vendite e dei debiti accumulati da Coccia. Si segnala in questo numero un intervento di Anton Giulio Bragaglia, dal titolo "Ribalta illuminata" sulle tendenze della scenografia in Italia. Bragaglia scrive: "Particolarita' caratteristica della nuova scenografia e' il fatto che essa non segue piu' le tendenze della pittura, come ha fatto negli ultimi tempi, ma e' tornata ad ispirarsi all'architettura, secondo i criteri classici... Da noi i tentativi attuali del genere - quando si miri, dico, a rinnovare la scenografia mediante qualche illustre pittore da cavalletto - non servono altro che da alibi per l'incomprensione patita da quei poveracci che presiedono alla Scala e al Reale". Segue una disamina sull'importanza dell'illuminotecnica. Presente un articolo di Carlo Zappelloni dal titolo "Futurismo". In apertura una nota del direttore sottolinea: "Pubblichiamo volentieri questa nota del liceista Zappelloni anche se non lo condividiamo dalla prima fino all'ultima parola. La ragione e' chiara: a noi piace assai piu' il combattentismo artistico che il panciafichismo territoriale degli addetti ai periodici dei Musei". Compaiono inoltre articoli: sul pittore Edmondo Poletti, sulle statue decorative da giardino, sul pittore Ernesto Pisani in mostra alla Galleria Il Milione.
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In 4 (cm 24,5 x 33,5), pp. 32 con illustrazioni nel testo. Brossura editoriale con bruniture al piatto anteriore. Numero del gennaio 1933 di questa rivista novarese. Dopo la chiusura della rivista "La Libra", Novara rimase priva di una pubblicazione specificatamente culturale. Per colmare tale lacuna, il marchigiano Alfio Coccia fondo', nella primavera del 1932, il bimestrale illustrato "Il Saggiatore", che poi cambio' nome dal quarto fascicolo divenendo "Novara Novecento". La rivista trattava vari argomenti - letteratura, arti figurative, cinema, arredamento, oggettistica, moda - con una particolare cura al ricco apparato iconografico e all'impaginazione, diversa da un numero all'altro, e con copertine su cui erano riprodotte opere di artisti italiani contemporanei. La rivista fu poi costretta a chiudere gia' alla fine del 1934 a causa dello scarso successo di vendite e dei debiti accumulati da Coccia. Si segnala in questo numero un intervento di Anton Giulio Bragaglia, dal titolo "Ribalta illuminata" sulle tendenze della scenografia in Italia. Bragaglia scrive: "Particolarita' caratteristica della nuova scenografia e' il fatto che essa non segue piu' le tendenze della pittura, come ha fatto negli ultimi tempi, ma e' tornata ad ispirarsi all'architettura, secondo i criteri classici... Da noi i tentativi attuali del genere - quando si miri, dico, a rinnovare la scenografia mediante qualche illustre pittore da cavalletto - non servono altro che da alibi per l'incomprensione patita da quei poveracci che presiedono alla Scala e al Reale". Segue una disamina sull'importanza dell'illuminotecnica. Presente un articolo di Carlo Zappelloni dal titolo "Futurismo". In apertura una nota del direttore sottolinea: "Pubblichiamo volentieri questa nota del liceista Zappelloni anche se non lo condividiamo dalla prima fino all'ultima parola. La ragione e' chiara: a noi piace assai piu' il combattentismo artistico che il panciafichismo territoriale degli addetti ai periodici dei Muse
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