non sono praticante,ma cerco sempre i pensieri di questo grande prete,umile,semplice,essenziale.
Ogni cosa alla sua stagione
"Ora che avverto quotidianamente l'incedere della vecchiaia, la memoria mi riporta sovente ai luoghi in cui ho vissuto..." dice Enzo Bianchi che parte con cuore, testa e memoria, alla ricerca di tutti i luoghi che hanno suscitato in lui affetti e sentimenti, dove ha trascorso l'infanzia o che ha raggiunto viaggiando. E noi partiamo con lui. Quelli che visitiamo sono angoli di mondo ma anche luoghi della vita e dell'anima. Sono il Monferrato con le sue colline, i "bric", il paese con la sua comunità, le usanze, i proverbi, l'esistenza grama, la fatica e i momenti di forte e gratuita solidarietà. Sono la cella del monaco, un luogo da dove osservare il mondo, dove diventare consapevoli delle gioie e delle sofferenze e dove prendono forma le parole con cui narrare qualcosa della vita. Un luogo in cui si ripropone sovente la domanda: che ne è di noi? Perché questo viaggio, naturalmente, è anche un viaggio nel tempo, un viaggio nella vita che scorre, nei giorni di un uomo e in quelli delle stagioni. Sono i giorni del focolare, passati a tavola conversando insieme ai famigliari e all'ospite, gustando il cibo preparato con cura e bevendo il vino che celebra e festeggia. Ma sono anche le vacanze di Natale, quando i bambini aspettavano la festa preparando il presepe e la sera della vigilia il grande ceppo, elsùc 'd Nadàl, ardeva nel camino. Sono tutti giorni che attraversano il tempo e fanno parte del nostro vivere: alcuni ci fanno soffrire, altri ci rallegrano e ancora ci stupiscono.
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Autore:
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Anno edizione:2014
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Formato:Tascabile
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Renzo Montagnoli 19 aprile 2011
"Ma l’inverno è anche stagione prodiga di insegnamenti, se solo lo si vuole ascoltare: è sufficiente pensare che tutto ciò che appare come una morte è in realtà un riposo, un modo diverso di operare, carico di attesa. E capace di sorprese: gli alberi, per esempio, così spogli da apparire secchi, o i prati ingialliti dal gelo, non appena sono baciati dalla galaverna si rivestono di brillanti e scintillano tra le nebbie mattutine." Già dalle prime pagine, con il prologo in cui Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, ci parla della sua cella, dell’importanza di quelle quattro mura che, senza imprigionare, racchiudono l’esistenza di un essere umano, si viene avvinti da un profondo senso di serenità, si avverte chiaramente che le parole non sono solo strumento per comunicare, ma sono anche note di una sinfonia profonda, un lungo splendido adagio sulla vita. Ogni cosa alla sua stagione e non Ogni cosa ha la sua stagione è quasi un impercettibile, ma importante spostamento del senso, perché in tal modo prende corpo la nostra realtà, fatta di sentimenti, di umori, di passioni, di cose che ci accompagnano, tangibili, immote, ma che riempiono il nostro quotidiano, insomma noi siamo fatti come siamo, così, umili soggetti nel percorso che dall’alba ci conduce al tramonto e che ci fa appartenere al tempo, quel tempo che cerchiamo invano di aggirare, di velocizzare, nell’illusione di essere protagonisti e insieme creatori del disegno divino. E quella cella è fatta di cose, che finiscono con il ricordarne altre, analoghe, ma non uguali, come tavole antiche, robuste, realizzate per ospitare numerosi commensali, perché il mangiare insieme è l’occasione per una reciproca conoscenza, per capire gli altri e quindi noi stessi. E’ evidente che il tema del ricordo è il filo conduttore di questo libro, ma non si esaurisce in semplici riproposizioni di eventi e persone del passato, anzi da questi trae spunto per riflessioni che non sono un mero esercizio stlistico e filosofico, ma l’opportunità per una maggiore conoscenza interiore, per comprendere la nostra evoluzione, per seguire o interrompere un percorso intrapreso, per dare un senso non banale alla nostra vita. Sono pagine che faranno la gioia dei credenti, ma che di certo daranno risposte più che plausibili anche agli atei, perché è sempre presente il rapporto con un’entità superiore come ciascun animo la può creare, un Dio per ogni uomo anche se infine queste immagini del Supremo poco a poco si fondono per rientrare in un’unica grande visione di chi presiede a tutto il perfetto caos dell’universo e anche, quindi, alla nostra vita. Guardare dentro di noi, seguendo la traccia di questo bellissimo libro, è scoprirci poco alla volta, è quasi un’autoconfessione da cui usciremo, sempreché siamo stati sinceri nel giudicarci, uomini nuovi, consapevoli del proprio destino, e allora riusciremo a dare valore a tante piccole cose che ci accompagnano, ritrarremo da loro piaceri e sensazioni prima mai provate, come quando, sorseggiando insieme ad amici un bicchiere di vino buono, troveremo che ne beneficiano il nostro palato e la nostra anima, grazie a quelle poche parole scambiate fra i silenzi dell’assaggio, magari davanti a un focolare scoppiettante, tra le cui fiamme potremo cogliere la visione del nostro passato. Amo questo libro, così profondo e pur così lieve nell’esposizione – la mano dell’autore è felice e indulge alla poesia - , perché, fermando quella corsa per il fatuo in cui tutti più o meno siamo coinvolti, consente di addentrarmi nel mio intimo, per sapere chi sono e dove vado, domande che prima o poi tutti gli uomini dovrebbero porsi, e questa possibilità che mi è offerta dalla grande serenità di Enzo Bianchi è un’esperienza rara e di straordinaria importanza. Leggere queste pagine è come tornare a nuova vita, una resurrezione che porta alla speranza che un mondo migliore non sia solo un’utopia, ma che si possa realizzare, a cominciare con il senso che ognuno di noi deve dare alla vita, troppo bella a saper cogliere i suoi molteplici aspetti per essere sprecata nella continua rincorsa di nuovi obiettivi che risultano sempre essere illusori.
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