Ovalia. Dizionario erotico del rugby
Un giorno, in Nuova Zelanda, Jean-Pierre Rives riceve un tram in piena gola. Il medico di servizio gli consiglia di lasciare il campo, o almeno di uscire un attimo. "Uscire?" gli chiede il terza linea della Francia. "E per andare dove?" I rugbisti sono fatti così: sanno che quello non è uno sport, ma la vita, e dalla vita non si esce neanche per un attimo. Sul campo, e anche fuori, insomma nella vita c'è un codice da rispettare. Non è etichetta: sono valori, per di più antichi. Non si tratta di moda: ma di tradizioni, riti, mondi, popoli, di racconti, ricordi, di partite e prodezze. Che a quel punto si accettano, nel bene e nel male, con onestà e senza tante storie. C'è il giocatore che sospira: "Fango, pioggia, sangue, haka. A me suona come il paradiso del rugby", E c'è Du Randt, pilone sudafricano, che fin da piccolo è così grande e grosso che il suo ingombrante nome, Jacobus Petrus, viene sostituito dal più sbrigativo "Os", che significa "bue". Tutto questo è "Ovalia". E "Ovalia" ha una sua dimensione erotica. Nei preliminari, nella tensione, nell'incertezza, nella soddisfazione.
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Anno edizione:2007
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