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Anno edizione: 2019
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L'autore, un insegnante, attraverso un vero e proprio studio "archeologico" su dieci parole di uso comunissimo, ci apre a una riflessione molto interessante: conoscere la storia e le radici del linguaggio che diamo sempre più spesso per scontato, impoverendolo di generazione in generazione, oltre a consentirci di riappropriarcene nella sua interezza, e quindi donarci l'appropriatezza espressiva, ci fornisce in realtà anche strumenti più adeguati per penetrare il significato del mondo, che si disvela a noi attraverso le parole che lo descrivono. E così parole eterne come "felicità", la stessa "parola" e parole dell'epoca social, come "condividere", se guardate con uno sguardo meno superficiale e con la curiosità di scoprirne l'origine, ci sveleranno molto di ciò che eravamo e di ciò che siamo, attraverso il modo in cui ne abbiamo reinterpretato - a volte, capovolto - il significato originario, per adattarlo a nuovi paradigmi economici o sociali. Come nel caso della parola "scuola". Oppure abbiamo scelto di indirizzare il significato di altre parole in chiave smaccatamente (ed erroneamente) politica, come nel caso di "confine".
Scoprire da dove nascono e cosa raccontano le parole sono da sempre gli obiettivi dell’etimologia, la disciplina che ritrova nei vocaboli la loro radice più profonda, per accenderne il senso pieno e complesso. Ogni parola ha una radice, un etimo che conduce all’origine. La parola "homo", ad esempio, deriva da "humus": in fine dei conti l’uomo ha molto in comune con la terra! Allo stesso modo, la parola “limite” deriva da "limes", sostantivo latino che «designa il sentiero che fa da confine tra due campi, le pietre sacre che segnavano la separazione dai terreni». Ritrovare il senso originale di un vocabolo è interessante, anche perchè si possono scovare tutti quei significati erronei che oggi attribuiamo ad una data parola: è il caso dei termini “social” e “condivisione“, tanto utilizzati quanto abusati in rete. “Con-dividere”, ad esempio, significa dare qualcosa a qualcuno, privandosene personalmente, cosa che invece non accade nel mondo digitale (al massimo si parla di “diffondere”). Il libro… Il breve saggio dell’insegnante milanese Marco Balzano è illuminante, in questo senso. “Le parole sono importanti” stuzzica l’intelligenza e l’interesse in modo inaspettato: quanti sbadigli di fronte alle rigide regole della linguistica e del latino! Ma, badate bene, non è il caso di questo piccolo gioiello della saggistica, che riesce a instradare la mente, attraverso la curiosità, in un viaggio storico-sociale, fatto di parole e significati, di concetti e storia, tradizioni e trasformazioni. Se, quindi, anche voi amate la lettura come mezzo per conoscere cose nuove, ma in modo curioso e interessante, non esitate a tuffare il vostro naso tra le pagine di questo libricino! Consigliatissimo.
“ Le parole sono importanti “ di Marco Balzano Parole importanti e importanza delle parole, un gioco di parole al quale Marco Balzano dedica un intenso saggio, rivelando, alla luce dell’etimologia e della semantica, le origini sorprendenti di alcuni termini della lingua italiana di uso comune. Le parole prescelte non si limitano a risuonare con una sola voce, ma richiamano al loro cospetto significati diversificati nel tempo e nello spazio; la loro quotidianità linguistica, non banale, le riqualifica come parole importanti, ricordo non è memoria, divertimento non è allegria. Ancora più affascinanti sono le parole come desiderio e scuola alle quali corrispondono antichi e opposti significati; desiderio traduce letteralmente la mancanza da una stella, meglio da una costellazione, ma dilatandosi si conclude nell’impossibilità di leggere il destino e nel constatare l’assenza di qualcosa a cui aspirare. Scuola, dal greco scholè, indica vacanza, riposo, tempo libero rivelando l’evidente contrasto in relazione al pensiero di ogni studente contemporaneo. Come rimanere indifferenti nel constatare che le parole possano raccontare di se stesse tutto e il contrario di tutto? Gli esempi citati sono solo alcuni degli innumerevoli elencati e di quelli che lo stesso autore vorrebbe indagare difendendo la forma mentis data dall’etimologia dalla quale molto è possibile apprendere per non porre limite all’utilizzo consapevole delle parole nella pienezza della loro storicità. Manuela Bertola
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