Ottimo libro per i cultori della squadra milanesenLeo Turrini come sempre scrive in maniera ironica e godibilen
Pazza Inter. Cento anni di una squadra da amare
Se l'Inter fosse soltanto una squadra di calcio, non si spiegherebbe la passione con la quale milioni di tifosi ne seguono le vicende. Pur essendo l'unico club in Italia a non aver mai patito l'onta della retrocessione in serie B, nell'ultimo ventennio la società nerazzurra ha vinto molto meno delle sue rivali tradizionali, la Juventus e il Milan. Eppure, persino a dispetto dei risultati, il popolo interista non si è mai rassegnato né ha registrato defezioni. Anzi, si è moltiplicato. Probabilmente l'Inter, attraverso gioie purissime e atroci tormenti, si è trasformata, per chi la ama, in una categoria dello spirito. Essere interisti significa scegliere di vivere sempre in bilico tra depressione ed euforia: un'emozione continua, forse poco consigliabile ai deboli di cuore, ma che ha forgiato il carattere e sviluppato la pazienza e il fortissimo senso di appartenenza di generazioni di tifosi. Attraverso le poche vittorie e le tante gloriose sconfitte, i momenti magici e quelli tragici, i grandi campioni e i grandi bidoni, Leo Turrini ci racconta una storia unica, lunga ormai un secolo. Si parte dal Meazza, idolo del Duce, per arrivare a Ronaldo, l'eroe rinnegato, e a Adriano, il brasiliano misterioso dei giorni nostri, passando per Sandro Mazzola e Mario Corso, per "Kalle" Rummenigge e Lothar Matthaeus, per Tarcisio Burgnich e Roberto Boninsegna, per Evaristo Beccalossi e Beppe Bergomi. In mezzo, tra dribbling e gol, tra Gianni Brera e Gino Strada, tra Gino Bramieri e Fiorello, tra Ligabue e Vasco Rossi, tra Ignazio La Russa e Armando Cossutta, tra Adriano Celentano e Paolo Rossi, c'è un'Inter che cambia assieme all'Italia. La formazione euromondiale di Helenio Herrera trionfava assieme al Belpaese lanciato sulle autostrade del Boom economico, mentre l'era di Massimo Moratti, così diversa da quella del padre Angelo, ha fatto e sta facendo i conti con le miserie di un calcio moderno travolto dagli scandali. Scandali ai quali la Beneamata è rimasta felicemente estranea, come attestato dalle sentenze della giustizia sportiva nell'estate 2006. Essere interisti significa abituarsi alle incertezze e alle delusioni della quotidianità, senza mai rinunciare alla speranza più grande. Significa identificare la propria passione in personaggi che hanno dedicato la vita intera alla causa nerazzurra, come l'indimenticabile Giacinto Facchetti. Che ha avuto unicamente il torto di andarsene troppo presto: proprio quando le cronache cominciavano a insegnare, anche a chi non ha mai tifato per i nerazzurri, che l'Inter è davvero qualcosa di speciale. Perché non è soltanto una squadra di calcio.
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