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Anno edizione: 2014
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Nessuno come Rulfo ha saputo rendere la coesistenza di passato e presente, della vita e della morte, raccontare il tempo come eterno e immobile in cui tutto ciò che sta succedendo è già successo. Anche per questo è stato ammirato da Borges, García Márquez e Cortázar. Di certo Pedro Páramo è considerato il punto di svolta della narrativa ispano-americana del Novecento.
«Non ho provato una commozione simile da quando avevo letto "La metamorfosi" di Kafka» – Gabriel García Márquez
Juan Preciado torna a Comala a cercare il padre, Pedro Páramo, che non ha mai conosciuto. Ma Comala è un paese di ombre: molte voci, molte storie, e tutte sembrano provenire da un altrove misterioso. Juan Preciado dice: «Vedo cose e gente dove forse voi non vedete nulla». Ma il discrimine tra cose, gente e nulla è molto difficile da percepire e lui stesso è destinato a confondersi nel mormorío generale. Nessuno come Rulfo ha saputo rendere la coesistenza di passato e presente, della vita e della morte, raccontare il tempo come eterno e immobile in cui tutto ciò che sta succedendo è già successo. Anche per questo è stato ammirato da Borges, García Márquez e Cortázar. Di certo Pedro Páramo è considerato il punto di svolta della narrativa ispano-americana del Novecento.
Con Pedro Páramo, Juan Rulfo annuncia il modo attraverso cui la cultura di un intero continente trova forse per la prima volta una voce propria – magari a partire dalla contrazione di nuovi debiti, primo fra tutti quello con William Faulkner, e dalla contemporanea accensione di futuri crediti, come la citatissima apertura del frammento 41: «Il padre Rentería si sarebbe ricordato molti anni dopo della notte in cui la durezza del suo letto lo tenne sveglio e poi lo obbligò a uscire», che è evidente modello per il famoso incipit di Cent'anni di solitudine: «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio». Con quella voce trovata l'America Latina entra in conversazione con il resto del mondo e a sua volta lo rigenera, lo porta a trovare nuove strade, racconti e nuove voci ancora. (dalla prefazione di Ernesto Franco)
Garcia Marquez, lo scrittore che è riuscito a far conoscere al mondo l'anima sudamericana, ha sempre citato come sua fonte d' ispirazione Juan Rulfo e in particolare questo breve romanzo "Pedro Paramo". La storia parte dalla promessa fatta dal protagonista Juan Presado alla madre morente: la ricerca del padre mai conosciuto. Dall'arrivo a Comala, paese dove avrebbe potuto incontrare il padre, il romanzo diviene surreale, onirico, non si distinguono più i vivi dai morti, la verità e la menzogna, poiché la verità assoluta non appartiene a nessuno. Le descrizioni sono vivissime seppur immaginarie e ci catapultano in una realtà che ricorda le riproduzioni di Frida Calo, le grandi pitture e i grandi pittori messicani. Tutto si muove in circolo in una ineluttabilità che rende questo lavoro un caposaldo della letteratura non solo sudamericana.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un romanzo denso, concentrato e intenso. Juan Preciado parte per Comala alla ricerca del padre, Pedro Páramo, per onorare la promessa fatta alla madre in punto di morte. Nonostante in paese non ci sia più nessuno, il protagonista fa vari incontri con persone che sembrano conoscerlo e pian piano si capisce che nessuno di questo personaggi è più in vita. Da vari punti di vista si ricostruisce la vicenda di Pedro Páramo, possidente arricchito e violento, e delle storie che l'hanno visto protagonista o che in qualche modo l'hanno sfiorato. Il puzzle che si compone lentamente agli occhi del lettore, giocato a cavallo tra la vita e la morte, è fortemente evocativo e sfiora in vari punti il linguaggio e la forza immaginifica della poesia. Mi ha colpito l'affinità di approccio e temi con alcuni romanzi successivi (la pubblicazione è del 1955): "Il padre morto" (1975) di Donald Barthelme, quasi l'intera produzione di Antoine Volodine, "Lincoln nel Bardo" (2017) di George Saunders, ma sono solo i primi che mi vengono in mente. Mi viene da pensare che questi autori conoscessero l'opera di Rulfo anche se non ho prove che possano avallare questa tesi.
Pedro Páramo è la pietra filosofale della letteratura Latina, il libro che, seppur con uno stile lontano anni luce , generò ed ispirò il realismo magico che vide in cent’anni di solitudine l’opera più grandiosa e colossale. Per capire la grandezza letteraria e la complessità dell’opera bisogna rifarsi alle parole dello stesso Gabriel García Márquez il quale dichiarò di aver letto due volte nella stessa notte il romanzo di Juan Rulfo. Pedro Páramo è un libro fuori da ogni schema e genere, in perenne oscillazione tra fantastico, fantascientifico e giallo ma anche storico e antropomorfo, volendo fare un paragone, in termini di complessità, potremmo sovrapporlo all’ Ulisse di Joyce nonostante tra le due opere ci sia una sostanziale differenza in termini di pagine. Onirico, surrealista e visionario, Pedro Páramo è un viaggio nello spazio e nella dimensione temporale della storia messicana la cui strada è lastricata di violenza ed ingiustizia, una reiterata serie di soprusi come condanna perenne al paese. Un’accusa forte verso la chiesa, ritenuta complice del potere, racconta un mondo sospeso ( molto messicano) tra sogno ed incanto, ondivago tra un passato dissolto ed un presente dove incombe l’ombra della perfidia e della crudeltà . Poetico, complesso. Altissima Letteratura.
Nessuna copertina sarebbe potuta essere più azzeccata per questo libro fantasma: del bianco a cui tendono tutte le storie, d’amore come di violenza, di depravazione come di desolazione. È un labirinto di muri a secco e di villaggi vuoti e di vite disgregate e mancate questo romanzo di Rulfo al cui interno tutto si perde: la propria storia, le proprie colpe e i propri ricordi, la scrittura stessa, e alla fine non resta neppure un dispiacere, nulla a cui aggrapparsi per poter dire che ne è valsa la pena.
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