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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2015
Un romanzo corale in cui tanta voce hanno le donne e la stessa natura parla per raccontare l'anima di un paese, e quel potere delle parole di dare corpo ai desideri e decidere destini, di farci affrontare le acque più insidiose, anche se non sappiamo nuotare, anche se i pesci non hanno gambe.
A Keflavík ci sono tre punti cardinali: il vento, il mare e l'eterno.
Tutto comincia con l'amore, questa «esplosione solare che ti distrugge la vita e rende abitabili i deserti», ma che con il tempo può raffreddarsi diventando un banale martedì. È allora che Ari, poeta di vocazione ed editore di successo, manda tutto in frantumi, tradisce sua moglie e i tre figli e fugge dall'Islanda. È allora che sua nonna Margrét, un secolo prima, ritorna dal Canada piena di sogni e libertà, si toglie il suo vestito americano per il marito che si è scelta, ma si ritrova soffocata da un villaggio di pescatori che destina l'uomo al mare e la donna a un'inerte solitudine. Ed è l'urgente ricerca di se stessi e della felicità a guidare questa insolita storia famigliare, che procede a flashback nel tempo e attraverso i due angoli opposti d'Islanda, da un arcaico fiordo dell'est alla piana di Keflavík, «il posto più nero del paese», che ha avuto il suo unico periodo di splendore all'epoca della controversa base americana, quando navi cariche di prodotti mai visti venivano accolte come messaggere di nuovi tempi, ponti verso il mondo e la modernità. Una storia di pescatori che vogliono navigare fino alla luna e di astronauti americani che si addestrano all'allunaggio nei campi di lava, di giovani sognatori che scoprono i Beatles e i Pink Floyd e di monelli che assaltano i camion USA per fare scorta di M&M's. Un romanzo corale in cui tanta voce hanno le donne e la stessa natura parla per raccontare l'anima di un paese, e quel potere delle parole di dare corpo ai desideri e decidere destini, di farci affrontare le acque più insidiose, anche se non sappiamo nuotare, anche se i pesci non hanno gambe.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
E' il mio libro preferito, come scrive Stefansson non scrive NESSUNO. E' un libro bellissimo, lo consiglio vivamente, è una storia talmente bella e struggente che ti fa scoppiare il cuore
Come ogni libro di Stefánsson, ero sicura che anche questo mi avrebbe colpita tanto, fatto riflettere sull’esistenza umana e tutto ciò ne fa parte. La storia di Ari è una storia che ti travolge, ti inietta curiosità e voglia di sapere come un amore così grande e intenso possa finire improvvisamente in un banale martedì. Per cui ripercorriamo in questo romanzo, il primo di una dilogia, la storia tormentata di questo amore, di quest’uomo, della sua famiglia: infatti, la narrazione si spazia nell'arco di tre generazioni fra Keflavík, "il posto più nero del paese", dove tre sono i punti cardinali: il vento, il mare e l'eterno. Città inospitale e remota, abitata per lo più da pescatori e commercianti di pesce, e Norðfjörður, sulla costa orientale, dove sono ambientati gli eventi più remoti, che interessano la generazione dei nonni. Ma come accade spesso nella narrativa di Stefánsson, è una storia in cui anche l’Islanda è protagonista, che patisce come i suoi abitanti: “L’Islanda è una terra impietosa, si dice da qualche parte: “Ed è a malapena abitabile nelle annate peggiori”. Dev’essere un’affermazione corretta, i monti celano un temperamento collerico e portano la morte in seno alle loro pendici, il vento può essere spietato, il gelo esasperante” Ma in Islanda, c’è un sentimento più forte della collera e dell’odio, ed è il loro contrario per eccellenza: l’amore. L’amore che è quella esplosione solare che ti distrugge la vita e rende abitabili i deserti. La narrazione, attraverso un sapiente uso dei flashback, intreccia le vicende anche di Margrét, nonna di Ari, che rientrata dal Canada un secolo prima, si scontra con le rigide convenzioni sociali del villaggio islandese. Il viaggio di Margrét dal Nuovo Mondo all'Islanda si configura come una metafora del conflitto tra l'individuo e la comunità, tra il desiderio di libertà e le imposizioni sociali. Margrét devo dire che è il personaggio a cui mi sono legata di più. È una donna che ha sofferto e amato molto e che dopo essere tornata in Islanda dopo un lungo tempo si sente inadeguata e confusa. Esce per strada di notte e abbraccia sconosciuti, ma non lo fa per attimi follia come pensa la gente, bensì perché è innamorata della vita, lei stessa dice “che c’è di male se a volte si gioisce per la vita?”. Infatti, che male c’è se a volte guardiamo ciò che ci circonda con occhi diversi e comprendere che l’esistenza non è scontata? [ la recensione completa è sul mio profilo instagram “libridimar” ]
Storie di vita immerse nel contesto della stupenda natura islandese. Un po' come in tutti gli autori scandinavi si percepisce il forte legame con la natura ed in particolare, in questo testo, con il mare. Il mare è un po' l'elemento che coinvolge i personaggi, il filo conduttore di questo romanzo. Piacevole anche la sua scansione temporale. Forse la descrizione dei personaggi non è tra le più dettagliate, per questo ho faticato ad empatizzare con alcune delle figure. Nel complesso è un libero molto bello, pieno di riflessioni stupende, in un contesto naturalistico affascinante.
Recensioni
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