La letteratura islandese vede negli ultimi anni un crescente interesse internazionale e un’attenzione particolare in Italia, anche grazie al grande lavoro di traduzione e di pubblicazione della casa editrice Iperborea.
Nel Novecento due forti romanzieri di impostazione realistica, ma nello stesso tempo volti alla rappresentazione intimistica della condizione esistenziale dell’uomo dell’estremo nord, minacciato dalla crisi del suo tradizionale rapporto con la natura, sono Halldór Kiljan Laxnes (1902-1998), premio Nobel per la Letteratura nel 1955 – cantore critico, spesso crudo e certo privo di retorica, della storia, della natura e della civiltà –, e Gunnar Gunnarsson (1889-1975), che però ha usato la lingua danese. Il profondo legame con la terra è al centro anche dell’opera di Jakobína Sigurdardóttir. Altri romanzieri importanti sono Thor Vilhjálmsson, la cui scrittura si muove tra meandri della psiche e della storia islandese, G. Bergsson, per i temi politici e sociali, e Einar Már Gudmundsson che ha fatto conoscere a un vasto pubblico l’Islanda del sec. XX.
In campo poetico il Novecento ha assistito all’abbandono delle forme metriche tradizionali – basate su rima e allitterazione – a favore di quelle europee: in questo senso si sono mossi S. Steinarr, influenzato dal surrealismo, J. úr Vör, Th.frá Hamri, S. Pálsson o H. Petursson, che in seguito è tornato a confrontarsi con i versi della tradizione islandese. La scrittura teatrale ha conosciuto un momento di fioritura all’inizio del Novecento, grazie a Jóhann Sigurjónsson e G. Kamban.
Arrivando ai contemporanei ricordiamo J. Jónsson e A. Thórdarson, così come la drammaturga Svava Jakobsdóttir, che abbina intimismo e fine umorismo. Fino a Bergsveinn Birgisson e Jón Kalman Stefánsson, acclamato come il miglior romanziere e poeta islandese degli ultimi anni, tradotto e premiato in tutto il mondo. Ricordiamo anche Arnaldur Indriðason, autore molto amato di romanzi polizieschi.
Dalle origini al Novecento
L’Islanda ha svolto un ruolo fondamentale nella storia delle letterature nordiche antiche (letterature norrene). È infatti in quest’isola, ma solo a partire dal sec. XII, che si realizzò la trascrizione di copiosi materiali pervenuti dalla tradizione orale; l’isolamento geografico e la rarefazione dei rapporti con le più vivaci aree scandinave fecero sì che tale produzione scritta in islandese si conservasse inalterata sino a quando, a partire dal sec. XVI e in coincidenza con la riforma, nacque un movimento di eruditi interessato alla sistemazione di quel remoto patrimonio.
Si colloca intorno al sec. XIII il momento di massima fioritura della tradizione islandese degli scaldi, cioè dei poeti epico-encomiastici che operavano presso le corti feudali e che dall’isola emigrarono nelle altre aree scandinave. La prima metà del Duecento, vigilia della dominazione norvegese, rappresentò per l’Islanda un periodo di vita culturale eccezionalmente intensa. A esso risale la nascita di una letteratura in prosa, rappresentata dalle saghe (narrazioni solitamente fatte risalire a veri e propri fatti storici). E coincide con quegli anni l’attività del massimo erudito islandese antico,
Snorri Sturluson (1178-1241), autore, tra l’altro, di una storia dei re norvegesi (Heimskringla) e di una storia della poesia scaldica (la cosiddetta Edda «di Snorri») che è preziosissima fonte documentaria. Con il sec. XV iniziò la decadenza culturale del paese, che divenne provincia danese insieme con la Norvegia. La nascita dell’interesse antiquario per le fasi più antiche della letteratura nordica ebbe come conseguenza, nei secc. XVII e XVIII, il trasferimento dei maggiori documenti relativi, che passarono alle biblioteche universitarie danesi e svedesi.
Echi della grande poesia religiosa inglese e tedesca dell’età barocca raccolse nel Seicento il pastore protestante Hallgrimur Pétursson (1614-74), autore di vigorosi salmi. Anche in Islanda il romanticismo si espresse soprattutto attraverso la promozione dell’idea nazionale: a Copenaghen un gruppo di poeti islandesi, tra i quali Bjarni Thórarensen (1786-1841) e Jónas Hallgrímsson (1807-45), si raccolse intorno alla rivista «Fjölnir». Come negli altri paesi scandinavi, anche qui l’avvento del verismo rinnovò l’interesse per le tradizioni locali; ad autori impegnati nella rappresentazione della scabra realtà quotidiana, come i romanzieri G. Pálsson (1852-91) e Th. Gjallandi (pseud. di J. Stefánsson, 1851-1915), si contrapposero però poeti d’ispirazione spiritualistica e di forte componente simbolistica, quali Einar Benediktsson (1864-1940) e S.G. Stephansson (1895-1964).