La pietra della pazienza nella cultura afgana è una pietra sacra a cui si possono raccontare tutte le proprie sofferenze, tutti i pesi del proprio cuore; quando la pietra esploderà, dopo avere assorbito tutti i lamenti del nostro animo, ci si libererà di tutte le sofferenze. La protagonista del libro, costretta ad assistere, più per dovere coniugale che per amore, il proprio uomo ferito negli scontri che dilaniano il loro paese, comincia, nella solitudine di una casa diroccata, a palare, per la prima volta a quell'uomo , che diventa la sua pietra di pazienza. Così confida a quell'uomo cose che non avrebbe mai osato raccontare; l’uomo è lì immobile con gli occhi sbarrati, non può rispondere, e lei osa. Con parole proibite, che la manderebbero subito alla lapidazione, racconta la sua vita, i suoi segreti, le sue paure, i suoi sogni, parla seguendo il ritmo del suo respiro da moribondo; parla a l’uomo che non l’ha mai ascoltata; parla finalmente libera di parlare, e lui ascolta? … finché un giorno… Storia affascinante che tocca nel profondo qualsiasi donna, anche quelle occidentali più evolute e progressiste. Quale donna non vorrebbe avere la sua pietra di pazienza.
Vincitore premio Goncourt 2008
Una donna veglia un uomo disteso in un letto. L'uomo è privo di conoscenza, ha una pallottola in testa, gli ha sparato qualcuno per un futile motivo. In un paese che assomiglia all'Afghanistan, in un tempo che potrebbe anche essere oggi. La donna parla senza interruzione, come non ha mai fatto prima. Racconta al marito, finalmente presente e muto, molte storie che fanno la loro storia e quella del loro paese. Prima sussurra, poi grida, si adira, ha paura. Piange. E ancora sussurra, piano, dolcemente. Si prende cura dell'uomo e insieme lo rimprovera. Lo rimprovera di aver voluto essere un eroe, di aver preferito le armi e la guerra a sua moglie e alle figlie. Di non avere mai parole per lei. A poco a poco, escono dalla bocca della donna parole proibite, parole ribelli. Una finestra coperta da una tenda con uccelli migratori affaccia sul mondo esterno. Tutto intorno infuria la guerra. In un crescendo serrato la donna inizia a svelare al marito piccole furbizie e grandi colpe. Menzogne necessarie per non essere ripudiata con ignominia. Forse, un limite c'è anche per la sang-e sabur, la pietra di pazienza. Quella pietra che nella mitologia persiana si tiene accanto per confidarle tutto quello che non si può rivelare a nessun altro. Riversando su di lei i propri malesseri, sofferenze, dolori, miserie. La pietra ascolta, assorbe come una spugna, tutte le parole, tutti i segreti finché un bel giorno non esplode. E quel giorno saremo liberati.
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GIUSEPPE GRANDINETTI 12 agosto 2010
La lettura di questo libro mi ha fatto conoscere Atiq Rahimi, autore afgano, ora in esilio a Parigi del quale personalmente non conoscevo l'opera E' stato il primo libro che ho letto di questo scrittore, al quale ha fatto seguito l'altro, da poco pubblicato, Terra e Cenere. Pietra di Pazienza, lo scenario è quello dell'Afganistan, terra martoriata da oltre venti anni di guerra, nel quale l'autore ben rappresenta la condizione e l'atteggiamento delle donne che vivono quotidianamente questa realtà. La protagonista indiscussa è infatti una donna. Una moglie di un capo tribù, ormai rimasta sola a vegliare il corpo del marito, vittima della guerra che insanguina il paese. Il corpo del marito, ormai in stato vegetativo, assurge a strumento, la famosa pietra della pazienza della mitologia persiana, attraverso il quale la moglie può confidare tutta la sua disperazione, le sue angosce e i suoi segreti, che diversamente non potrebbero essere rivelati. La forza di questo libro è in questo monologo attraverso il quale la donna confida quanto la stessa ha vissuto sulla propria pelle e non ha mai potuto confidare a nessuno. I segreti più reconditi e personali gelosamente custoditi fino ad allora. Sicuramente un libro da consigliare a quanti hanno voglia di conoscere ed approfondire la condizione delle donne in quella parte del pianeta.
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