Piuttosto il diavolo. Un'indagine di John Rebus

Rebus posò la forchetta e coltello sul piatto vuoto e si allungò sulla sedia, esaminando gli altri avventori del ristorante. «Lo sai? Una volta qui è stata uccisa una donna», disse. «E poi dicono che il romanticismo è morto», commentò Deborah Quant, mollando la presa sulla bistecca. Rebus era stato lì lì per farle notare che usava il coltello con la stessa precisione con cui sezionava un cadavere con il bisturi. Poi si era ricordato dell'omicidio e lo aveva ritenuto un argomento di conversazione più indicato. «Scusami», disse, mandando giù un sorso di vino rosso. Non che non servissero birra, in quel locale - aveva visto i camerieri portarne più di un boccale ai tavoli -, ma stava cercando di contenersi. Un nuovo inizio. Ovvero il motivo principale per cui erano usciti a cena: per festeggiare una settimana senza sigarette. Sette giorni interi. Centosessantotto ore. (non c'era bisogno di dirle della sigaretta che aveva scroccato a un fumatore fuori da un ufficio, tre giorni prima. Tanto più che gli aveva fatto venire la nausea.) «È vero che senti meglio i sapori?» gli chiese Quant. Non era la prima volta che Rebus sentiva questa domanda. «Certo», ammise, soffocando un colpo di tosse. La patologa sembrava aver rinunciato alla bistecca e si stava pulendo le labbra con il tovagliolo. Erano alla Galvin Brasserie Deluxe del Caledonian Hotel (o del Waldorf Astoria Caledonian, a voler essere precisi; anche se, per chi era crescituo a Edimburgo, quello rimaneva sempre il Caledonian, se non il "Caley").