Il potere degli impotenti. Architettura e istituzioni - copertina
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Il potere degli impotenti. Architettura e istituzioni
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Descrizione


L’architettura era un’attività progettuale per antonomasia e, proprio per questo, veniva considerata fra tutte le attività quella che maggiormente si legava alle istituzioni, al potere, al concetto di progresso della società e, quindi, al concetto di finalità di ogni azione in rapporto al progresso. Che cos’è questa decadenza del progetto inteso come struttura dinamica del pensiero e della cooperazione umana? Quali altri valori vengono travolti da quella che si chiama oggi la crisi del progetto? Quali sono, a questo proposito, le condizioni che si presentano all’architetto ai fini di una relazione con le altre unità disciplinari? Qual è la partecipazione che questa società chiede agli architetti come detentori di una disciplina, diciamo pure, una disciplina scientifica, e che comunque è parte importante del sapere?Allorché si dice che l’architetto deve essere solo architetto, che non deve operare secondo una ideologia, ci si vuole assicurare che questi non eserciti più, nella situazione presente, un potere che pure gli fu riconosciuto in epoche passate. Ecco perché ritengo estremamente opportuno in questo momento un discorso approfondito, come questo che qui viene proposto» (dall’Introduzionedi Giulio Carlo Argan).Sui temi dei mutamenti istituzionali e dell’evoluzione della disciplina architettonica (parte prima); dell’urbanistica e della città alle soglie del Duemila (parte seconda); sulla crisi dell’architetto come progettista globale (parte terza) intervengono i più rappresentativi esponenti dell’architettura e dell’urbanistica a livello internazionale.

Dettagli

1 febbraio 1993
180 p., ill.
9788822008190
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