Prima bevi il tè, poi fai la guerra. Un anno a Kabul - Chiara Cataldi - copertina
Prima bevi il tè, poi fai la guerra. Un anno a Kabul - Chiara Cataldi - 2
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Prima bevi il tè, poi fai la guerra. Un anno a Kabul
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Descrizione


Lontano dai toni apocalittici che spesso leggiamo sui giornali, Chiara Cataldi racconta con leggerezza un anno di lavoro a Kabul. Della ricerca di spensieratezza anche dove regnano dolore e distruzione, delle difficoltà di vivere a Kabul tra bombe e giardini pieni di rose, tra stress e posti di blocco, cercando un equilibrio in una terra sull'orlo del baratro. Perché l'Afghanistan, nonostante la guerra e grazie al suo popolo, rimane una terra bellissima.

Informazioni dal venditore

Venditore:

Dettagli

30 maggio 2012
188 p., Brossura
9788862222884

Valutazioni e recensioni

  • RAFFAELE ESPOSITO

    Il primo libro di Chiara Cataldi, scritto a due anni di distanza dalla sua esperienza di 11 mesi a Kabul, è un diario che racconta episodi e situazioni tratti dalla quotidianità di una cultura lontana dalla nostra. Il testo scorre in modo chiaro ed appassionante; Chiara racconta soprattutto con il cuore, trascinando il lettore ad immergersi, con la fantasia, tra le gioie e le soddisfazioni, le ansie e le paure di quella terra. L'Afghanistan è un paese tormentato dalla guerra, e lo si capisce dai segni delle bombe per le strade, dagli attentati, dalla sicurezza estrema, ma Chiara vuole condurci in questo viaggio attraverso una visione nuova: quella degli incontri personali; questi sono sempre descritti in modo accurato e attento; si riportano in modo scrupoloso i saluti, gli sguardi, i sorrisi, gli inviti, gli abbracci, i gesti di altruismo e di gentilezza. È in questi incontri che si conosce il vero Afghanistan; da una lettura mediatica che tende a globalizzare e a minimizzare le differenze, Chiara propone una lettura esperienziale, marcando la diversità nel suo valore più profondo. Noi siamo abituati a giudicare negativamente una cultura diversa, soprattutto se è più “indietro” della nostra; Chiara la giudica, invece, semplicemente diversa, e l'accetta così com'è. In un mondo come il nostro, dove si intrecciano religioni e stili di vita differenti, questo libro aiuta ad avere una mentalità accogliente, aperta al dialogo, alla comprensione; siamo condotti per mano dall'autore a saper attendere senza giudicare, a cogliere quanto di buono si può sperare in situazioni apparentemente solo negative. “Immergersi maggiormente nella realtà che ci circonda” è l'imperativo per ripercorrere con Chiara il suo itinerario, e per offrire il giusto aiuto a quelle persone che sono in difficoltà. Sì, perchè non basta stare in ascolto e cercare di comprendere; c'è anche bisogno di lavorare, aiutare, dare un conforto e una speranza concreta ai più bisognosi; i valori della libertà, della giustizia, della pace, acquistano importanza proprio quando sono minacciati, e un piccolo passo per la loro costruzione è il premio e la speranza più grande per ogni uomo. Il libro fa conoscere un Afghanistan attraverso i valori dell'accoglienza, della famiglia, dell'ospitalità, ed offre ad ognuno di noi un compito: quello di cercare in mezzo alla massa e alla generalità indifferenziata l'incontro personale, il valore nascosto, il “gioiello perduto”, proprio come suggerisce Mokthar tra la confusione dei suoi anelli; cercare quell'orecchino sotto una “perlina irregolare mezza sepolta da una scatola di anelli” è la chiave attraverso cui leggere ogni passo di Chiara a Kabul.

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